Giorgio Armani, la camera ardente: il tappeto di lanterne e le rose bianche

All'Armani Silos di Milano, una lunga fila di persone, composta e silenziosa, ha voluto rendere omaggio allo stilista

Riccardo Foti
|1 giorno fa
Giorgio Armani, la camera ardente: il tappeto di lanterne e le rose bianche
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A illuminare il buio del teatro, un tappeto di lanterne. La musica di Einaudi accoglie piano piano i visitatori. In quel luogo magico dove era solito presentare le sue collezioni, adesso c’è solo commozione e cordoglio. Al centro dello spazio, la bara, in legno chiaro. Adagiato su di essa, c’è un mazzo di rose bianche. Le stesse che Giorgio Armani posò sulla tomba della madre, Maria Raimondi, il giorno del suo funerale. Le stesse, che da allora, aveva disposto non dovessero mai mancare al cimitero di Rivalta.
Il fiume di persone che ieri mattina e pomeriggio ha voluto rendere omaggio a Re Giorgio alla camera ardente allestita negli spazi dell’Armani Silos di via Bergognone non ha mai smesso di scorrere. In tanti, già dalla prima mattina, erano corsi per esserci, ancor prima dell’apertura al pubblico. Il carro che ha portato il feretro dello stilista è arrivato a pochi minuti dalle 8 ed stato accolto in un religioso silenzio, trasformatosi in un elegante ma sentito applauso quando l’autovettura è entrata nel Silos.
Ad attendere il proprio turno in fila, generazioni e provenienze diverse, ognuna con il proprio ricordo dello stilista imprenditore che ha cambiato per sempre la moda attraversando epoche ma mantenendo lo stile unico e il coraggio delle sue idee. Chi elegante, chi casual e sportivo. Non importa: perché alle persone di Giorgio Armani arrivava l’uomo, prima ancora che la moda. «Ha fatto grande l’Italia - racconta una signora in fila - e per Milano c’è stato sempre. Mi ricordo ancora i miei primi jeans Armani, andavo al liceo. Pregai tanto i miei genitori affinché me li comprassero. Con quelli mi sentivo più sicura». Scorrendo piano piano il percorso di transenne che portano all’ingresso, si entra finalmente nel corridoio che porta al teatro. In fila incontriamo un ex dipendente che preferisce rimanere anonimo. Ci mostra il suo cartellino. «Ho lavorato per lui per quasi trent’anni, adesso sono in pensione da 14. Ho il cuore in gola, questo corridoio l’ho attraversato un migliaio di volte». Gli chiediamo un ricordo, tra i tanti, con lo stilista. Ha gli occhi lucidi, abbassa lo sguardo. «Preferisco di no, grazie» risponde. Distribuiti su due tavoli, quattro grossi libri per le condoglianze, illuminati da quella Logo Lamp dove tutto ebbe inizio. Fu il primo oggetto di design che Armani disegnò.
Entrati in teatro, spicca insieme alle lanterne, la grande foto del Signor Armani che saluta alla fine di una sfilata, proiettata dietro al feretro, in fondo alla sala, insieme alle sue parole. “Il segno che spero di lasciare è fatto di impegno, rispetto e attenzione per le persone e per la realtà. È da lì che tutto comincia”. Un’ultima grande lezione che rimarrà eterna, come ancora alle persone piace ricordare lo stilista.