Arrestati "insospettabili" rapinatori: erano ricercati a livello internazionale

Tra Podenzano, Castelvetro e Piacenza. Agivano così: cambiavano le targhe poco prima di oltrepassare il confine svizzero. Tre arrestati avevano un lavoro regolare

Redazione Online
|9 giorni fa
A condurre la complessa operazione è stata la Polizia di Stato
A condurre la complessa operazione è stata la Polizia di Stato
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La Polizia di Stato tra l’8 e il 9 di ottobre ha dato esecuzione a sei mandati di arresto internazionale a carico di altrettanti soggetti, ricercati in quanto componenti di un’associazione criminale dedita alle rapine a mano armata.  La Squadra Mobile di Piacenza ha arrestato cinque dei ricercati tra Piacenza, Podenzano e Castelvetro.   
Gli arrestati sono cittadini di origine nordafricana e sudamericana, tutti residenti in Italia, che a bordo di autovetture di proprietà viaggiavano dal nord Italia in direzione della Svizzera. Poco prima della frontiera, i criminali modificavano le targhe dei veicoli per evitare di essere identificati.
A quel punto, si dividevano in gruppi per compiere contestuali rapine a mano armata, principalmente ai danni di stazioni di servizio collocate nella zona di Balerna.
Fingendosi clienti, entravano nell’esercizio commerciale e minacciavano i cassieri con una pistola, a volte arrivando addirittura ad aggredirli fisicamente.
A quel punto si impossessavano dei soldi nella cassa e si davano alla fuga a bordo delle auto con targa alterata.
Una volta compiute le rapine, varcavano la frontiera e ripristinavano le targhe originali dei veicoli, facendo rientro in Italia per spartirsi il bottino, complessivamente nell’ordine delle decine di migliaia di franchi.
La Polizia svizzera è riuscita a identificare il commando e ad ottenere l’emissione dei mandati di arresto internazionali.
Il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza - ha attivato le ricerche dei criminali in campo italiano, verificando che i sei soggetti potevano essere localizzati in Italia nelle province di Piacenza e di Monza e, conseguentemente, attivando le rispettive Squadre Mobili per la cattura.
Le ricerche sono state complesse in quanto alcuni ricercati erano senza fissa dimora, rendendo quindi necessari numerosi servizi di osservazione e pedinamento prima di individuarli.
Altri soggetti erano invece completamente incensurati in Italia, dove non avevano mai destato l’attenzione delle forze dell’ordine ed anzi vivevano una vita apparentemente normale e con un lavoro regolare.
Nel giro di 48 ore, i 6 sono stati individuati, rintracciati e arrestati: si trovano in carcere in attesa della procedura di estradizione per la Svizzera.
Per i reati commessi, rischiano fino a 15 anni di reclusione in Svizzera.
L’operazione è stata conclusa grazie alla sinergia operativa tra gli organi di Polizia di diversi Paesi e i rispettivi servizi di cooperazione internazionale e al coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato.
Tre degli arrestati sono cittadini sudamericani privi di precedenti, in regola sul territorio nazionale, con famiglia ed un lavoro stabile, privi di alcun coinvolgimento con la Giustizia.
Gli altri due soggetti arrestati a Piacenza sono cittadini di origine nordafricana senza fissa dimora, noti per una serie di reati precedentemente commessi in città.
Quattro soggetti sono stati arrestati in data 8 ottobre, mentre il quinto, quello senza fissa dimora, è stato fermato in via Colombo da un equipaggio della Squadra Mobile dopo diverse ricerche e controlli di veicoli sospetti.
LA NOTA DI MURELLI (LEGA)
«Rivolgo i miei complimenti alla polizia di Stato per l’importante operazione. L’augurio ora è che scontino fino in fondo le condanne, se verranno riconosciuti colpevoli dalla giustizia svizzera». Lo afferma in una nota la senatrice Elena Murelli (Lega), commentando l’azione della Squadra mobile piacentina che ha portato all’arresto di cinque persone. «Dalle indagini - continua la parlamentare – emerge come gli arrestati, nonostante un lavoro regolare e un’apparente normalità, pensassero di fare i “furbetti” ingannando la polizia. Evidentemente, non faceva per loro una vita regolare e un impiego in un Paese che li ha accolti».