I 40 anni di Super Mario, l'idraulico baffuto che salvò i videogiochi dal fallimento
Icona pop leggendaria, non è solo un eroe di un videogame ma l'anticipatore di tutto il comparto videoludico
Fabrizia Malgieri
|39 giorni fa

Mario - © Libertà/Fabrizia Malgieri
13 settembre 1985. Sono trascorsi quattro decenni esatti da quando Nintendo – azienda giapponese attiva sin dalla fine dell’Ottocento come produttrice di carte da gioco – decise di rivoluzionare la Storia dei videogiochi per sempre. Proprio in quella data, infatti, esordì “Super Mario Bros.”, il primo videogioco del leggendario franchise che ha come protagonista il simpatico idraulico baffuto di origini italiane, divenuto nel tempo una delle icone più importanti e conosciute del medium videoludico. Già, perché Super Mario è un prodotto pop che trascende il videogioco in sé: film, serie animate, libri, giochi da tavolo, merchandise, parchi di divertimento a tema, Mario è diventato nei suoi 40 anni di storia un brand attorno a cui Nintendo ha costruito un vero e proprio impero. Non tutti sanno, in realtà, che il primissimo debutto di Mario non risale al 1985, e soprattutto non con il nome con cui è diventato poi famoso in tutto il mondo. Creato dal celebre sviluppatore Shigeru Miyamoto (considerato oggi uno dei padri fondatori del videogioco contemporaneo), l’idraulico più famoso dei videogiochi fa la sua prima apparizione nel 1981 nei panni di “Jumpman” nel gioco arcade “Donkey Kong”: qui, infatti, è un eroe chiamato a salvare una giovane donna di nome Pauline rapita da uno spaventoso scimmione (Donkey Kong, appunto), rivisitando in chiave videoludica il mito cinematografico di “King Kong”. Complice il ritmo e il fascino di un gioco a piattaforme immediato da apprendere, ma complesso da padroneggiare mano a mano che si sale di livello, il successo di Jumpman in “Donkey Kong” portò alla nascita di un primo spin-off dal titolo “Mario Bros.” nel 1983, che per certi versi ricalca alcune delle dinamiche viste nel videogioco di due anni prima, ma questa volta anche con la comparsa di un secondo personaggio, il fratello Luigi.

Con questo titolo Nintendo, quasi in modo inconsapevole, getta ufficialmente le basi di quello che sarà il successo di “Super Mario Bros.” nel 1985 – nonché la nascita di un fenomeno culturale che è diventato unico nel suo genere. Possiamo addirittura sbilanciarci a dire che è proprio grazie a “Super Mario Bros.” se il videogioco – inteso come mezzo di intrattenimento e prodotto culturale – è riuscito a sopravvivere e a prosperare fino ad oggi. Questo perché i primi anni Ottanta rappresentano un periodo piuttosto burrascoso per l’industria videoludica, in particolare quella occidentale: sono anni, questi, in cui i videogiocatori iniziano a nutrire una certa stanchezza nei confronti del gioco elettronico, complici esperienze videoludiche ripetitive e spesso uguali a se stesse – questo perché le stesse aziende videoludiche del tempo, a partire da Atari, tentano di massimizzare i profitti replicando videogiochi sul modello di titoli che avevano già riscosso entusiasmo tra i giocatori. Inutile dire che la qualità di queste esperienze era piuttosto scarsa, proprio perché sviluppate in tempi strettissimi, causando ulteriore disaffezione nei confronti del medium tra gli utenti.

Il proverbiale colpo di grazia arriva nel Natale del 1982, quando – in concomitanza con l’uscita nelle sale dell’omonimo film – arrivò nei negozi il video game di “E.T. – L’extraterrestre”, sviluppato per la console da gaming più in voga del momento. Quello che doveva essere uno dei videogiochi più attesi delle festività natalizie si rivelò presto un fallimento: il titolo – sviluppato in pochissimi mesi da Howard Scott Warshaw, proprio per venire incontro alle esigenze di marketing della pellicola e cavalcarne l’onda – arrivò sotto l’albero di Natale in una versione approssimata, oltre ad essere molto difficile da comprendere in termini di meccaniche di gameplay. Molti videogiocatori, insoddisfatti e delusi, riportarono indietro le proprie copie, dando vita ad un potente passaparola che portò ad un clamoroso flop e ad una conseguente perdita multi-milionaria per l’azienda Atari, che stentò a riprendersi. Anzi, il fallimento del progetto “E.T.” costrinse l’azienda capitanata da Nolan Bushnell a sotterrare nel deserto del Nuovo Messico tutte le copie invendute o rimaste in magazzino, insieme ad altri giochi della casa di sviluppo (si parla di circa 728.000 cartucce in totale) nel tentativo di nascondere questo clamoroso insuccesso – per anni si pensò ad una leggenda metropolitana, ma poi un documentario del 2014 dal titolo “Atari: Game Over” svelò l’infausto retroscena e la verità dietro quella storia.
La voragine economica generata da “E.T. – L’extraterrestre” – unita alla disillusione dei videogiocatori nei confronti del medium – portò, oltre al fallimento di Atari nel 1983, l’intera industria videoludica a vacillare, lasciando presagire la fine di un’era che aveva caratterizzato in modo vivace gli ultimi dieci anni del mondo dell’intrattenimento.
Proprio quando il sogno videoludico sembrava infrangersi per sempre, Nintendo fu in grado di cambiarne le sorti, di permettere al gioco elettronico di non dissolversi nel nulla, ma anzi diventare un terreno sperimentale e creativo per molti giovani sviluppatori intenzionati a dargli fiducia. Con il lancio in Giappone di Famicom nel 1983 e, successivamente, di Nintendo Entertainment System in Occidente nel 1985 – ma soprattutto, grazie all’arrivo di “Super Mario Bros.” nei salotti e nelle camerette di tutto il mondo – Nintendo è riuscita a modificare il destino del videogioco per sempre.
La voragine economica generata da “E.T. – L’extraterrestre” – unita alla disillusione dei videogiocatori nei confronti del medium – portò, oltre al fallimento di Atari nel 1983, l’intera industria videoludica a vacillare, lasciando presagire la fine di un’era che aveva caratterizzato in modo vivace gli ultimi dieci anni del mondo dell’intrattenimento.
Proprio quando il sogno videoludico sembrava infrangersi per sempre, Nintendo fu in grado di cambiarne le sorti, di permettere al gioco elettronico di non dissolversi nel nulla, ma anzi diventare un terreno sperimentale e creativo per molti giovani sviluppatori intenzionati a dargli fiducia. Con il lancio in Giappone di Famicom nel 1983 e, successivamente, di Nintendo Entertainment System in Occidente nel 1985 – ma soprattutto, grazie all’arrivo di “Super Mario Bros.” nei salotti e nelle camerette di tutto il mondo – Nintendo è riuscita a modificare il destino del videogioco per sempre.

Attraverso l’originalità e il dinamismo di “Super Mario Bros.” – titolo tra i primi a sfruttare la visuale a scorrimento laterale da sinistra verso destra, inaugurando un cambiamento decisivo (uno dei tanti, in realtà) che porterà a codificare il linguaggio visivo stesso del medium videoludico negli anni – la compagnia nipponica è riuscita a portare in salvo una forma espressiva che, di lì a qualche anno, sarebbe diventata una delle industrie più redditizie e creative del mondo dell’entertainment – anche più del cinema e della musica. Qualche curiosità legata al mondo di Super Mario? Partiamo dai numeri: il primissimo videogioco ha venduto oltre 58 milioni di copie in totale in questi 40 anni, di cui oltre 40 milioni solo su NES. Secondo il celebre libro dei Guinness World Records, la serie “Super Mario” si attesta come il franchise videoludico più venduto di sempre, con oltre 839 milioni di unità vendute tra i diversi titoli e spin-off pubblicati.
Super Mario non è sempre stato un idraulico: infatti, quanto meno agli inizi nei panni di “Jumpman”, il baffuto personaggio era in realtà un carpentiere – nel gioco, infatti, utilizza spesso attrezzi del mestiere, a partire da un enorme martellone con cui colpisce i barili lanciati da Donkey Kong. È stato solo a partire dallo spin-off di “Donkey Kong”, “Mario Bros.”, che Mario è diventato ufficialmente un idraulico impegnato a ripristinare l’ordine nelle fognature di Brooklyn, New York. Ci sono anche alcune curiosità legate ai suoi primi design: in primis, non tutti sanno che il primo gioco di “Super Mario Bros.” fu progettato su carta millimetrata, un aspetto che conferisce una certa artigianalità al progetto videoludico in sé. Il Super Mario originale era, in realtà, un’immagine di 16x16 pixel: questa limitazione tecnica ha dato origine ad alcune delle sue caratteristiche diventate iconiche nel tempo. Ad esempio, Mario indossa guanti bianchi per rendere i suoi movimenti più facili da individuare a schermo quando compie un salto. Sulla testa, la mascotte di Nintendo porta un cappello solo perché, all’epoca, i capelli erano difficili da rendere in pixel, mentre sfoggia dei vistosi baffi per accentuare il suo naso e una salopette per rendere più evidenti i movimenti delle braccia. Inoltre, come forse ricorderete, nel primo “Super Mario Bros.” il personaggio indossa una camicia marrone sotto la tuta, un look che però è stato rapidamente abbandonato, prediligendo una salopette di colore blu e gli iconici berretti e camicetta rossa. Infine, esiste persino una nemesi di Super Mario: si tratta di Wario, personaggio che è apparso per la prima volta come nel titolo per Game Boy “Super Mario Land 2”. Il personaggio venne progettato da Hiroji Kiyotake, ideatore anche di Samus Aran, l’eroina della serie Metroid. Il nome Wario è un incrocio tra il nome “Mario” e l’aggettivo giapponese “warui”, che significa, appunto, malvagio. Da semplice idraulico a icona pop amata nel mondo, Super Mario non è solo l’eroe di un videogioco: è la storia del videogioco contemporaneo. Tanti auguri per i tuoi 40 anni, Mario!
Super Mario non è sempre stato un idraulico: infatti, quanto meno agli inizi nei panni di “Jumpman”, il baffuto personaggio era in realtà un carpentiere – nel gioco, infatti, utilizza spesso attrezzi del mestiere, a partire da un enorme martellone con cui colpisce i barili lanciati da Donkey Kong. È stato solo a partire dallo spin-off di “Donkey Kong”, “Mario Bros.”, che Mario è diventato ufficialmente un idraulico impegnato a ripristinare l’ordine nelle fognature di Brooklyn, New York. Ci sono anche alcune curiosità legate ai suoi primi design: in primis, non tutti sanno che il primo gioco di “Super Mario Bros.” fu progettato su carta millimetrata, un aspetto che conferisce una certa artigianalità al progetto videoludico in sé. Il Super Mario originale era, in realtà, un’immagine di 16x16 pixel: questa limitazione tecnica ha dato origine ad alcune delle sue caratteristiche diventate iconiche nel tempo. Ad esempio, Mario indossa guanti bianchi per rendere i suoi movimenti più facili da individuare a schermo quando compie un salto. Sulla testa, la mascotte di Nintendo porta un cappello solo perché, all’epoca, i capelli erano difficili da rendere in pixel, mentre sfoggia dei vistosi baffi per accentuare il suo naso e una salopette per rendere più evidenti i movimenti delle braccia. Inoltre, come forse ricorderete, nel primo “Super Mario Bros.” il personaggio indossa una camicia marrone sotto la tuta, un look che però è stato rapidamente abbandonato, prediligendo una salopette di colore blu e gli iconici berretti e camicetta rossa. Infine, esiste persino una nemesi di Super Mario: si tratta di Wario, personaggio che è apparso per la prima volta come nel titolo per Game Boy “Super Mario Land 2”. Il personaggio venne progettato da Hiroji Kiyotake, ideatore anche di Samus Aran, l’eroina della serie Metroid. Il nome Wario è un incrocio tra il nome “Mario” e l’aggettivo giapponese “warui”, che significa, appunto, malvagio. Da semplice idraulico a icona pop amata nel mondo, Super Mario non è solo l’eroe di un videogioco: è la storia del videogioco contemporaneo. Tanti auguri per i tuoi 40 anni, Mario!