“Biophobia” ai raggi X, anatomia del dolore in un’opera interattiva

L’autrice Charlotte Madelon e l’ispirazione a diverse tradizioni: «Ho voluto creare qualcosa che fosse artistico e politico assieme»

Francesco Toniolo
July 15, 2025|26 giorni fa
Madelon, l’autrice di “Biophobia”, ha preso ispirazione anche dalle opere dell’artista Matsui
Madelon, l’autrice di “Biophobia”, ha preso ispirazione anche dalle opere dell’artista Matsui
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I videogiochi non sono tutti legati a sparatorie, punteggi e adrenalina. All’interno del medium esistono anche tantissime opere come Biophobia, un breve gioco gratuito realizzato da Charlotte Madelon, che si propone come un’esperienza artistica contemporanea.
Biophobia è decisamente minimalista: tutto ciò che abbiamo davanti a noi è una donna defunta, accasciata contro il tronco di un albero. Tutto ciò che sappiamo su questa donna ci viene comunicato dalla frase che apre il gioco: «Una donna è stata violata da un uomo. In un ultimo atto di ribellione per conservare la propria umanità, la donna prende il controllo e apre il suo ventre. Incapace di concludere ciò che ha iniziato, aspetta te, e ti chiede di non distogliere lo sguardo». Dopo aver letto questo messaggio, siamo chiamati a portare a termine ciò che la donna aveva iniziato, rimuovendo uno dopo l’altro gli strati di pelle, muscoli e tessuti. A ogni nuovo strato aperto nel suo ventre, intorno alla donna sboccia un fiore. Cliccando su questi fiori è possibile osservare l’impatto del tempo su quel corpo, che diventa uno scheletro e poi finisce per polverizzarsi. La progressiva decomposizione produce anche – per una qualche magia – dei semi, che possono essere piantati intorno all’albero per creare un piccolo e rigoglioso giardino.
L’esperienza di Biophobia è molto breve, per gli standard dei videogiochi, visto che è possibile portarlo a termine in una ventina di minuti o anche meno. Il tempo necessario per far vivere questa esperienza inquieta. Charlotte Madelon, l’autrice di Biophobia, ha detto di aver voluto creare qualcosa che fosse al tempo stesso artistico e politico, prendendo ispirazione da diverse opere appartenenti a varie tradizioni. Una di queste è il dipinto Keeping Up The Pureness dell’artista giapponese Fuyuko Matsui, in cui una donna nuda giace con il ventre aperto, tra fiori e funghi. Le sue viscere, coloratissime, sembrano fondersi con la natura attorno. Madelon cita anche Ophelia, la figura tragica dell’Amleto shakespeariano, che raccoglieva fiori per esprimere ciò che le parole non potevano. Il riferimento forse più interessante è però quello alle cosiddette “Veneri anatomiche”: delle sculture in cera, realizzate tra il Settecento e l’Ottocento, che raffiguravano delle belle donne dal volto sereno (simili alle Veneri classiche), ma con l’addome aperto e le viscere in vista. Queste sculture erano utilizzate per studiare anatomia, ma c’era spesso in loro qualcosa di inutilmente morboso, considerando che erano in larghissima parte figure di belle fanciulle. Oggi sono degli oggetti che inquietano e affascinano ed è difficile trovare loro un’esatta collocazione tra l’arte e la scienza. Parlando delle Veneri anatomiche, Biophobia ha peraltro un interessante predecessore, nei videogiochi: l’horror Resident Evil Village del 2021. Qui seguiamo le vicende di Ethan Winters, un uomo che affronta orribili mostri per salvare sua figlia, che è stata rapita. In una scena del gioco, Ethan deve risolvere un macabro puzzle manipolando un manichino che ha le fattezze di sua moglie, che lui crede defunta. Qui siamo davanti a una scultura di legno e non di cera, ma la somiglianza con le Veneri anatomiche è molto forte e si inserisce in una più ampia serie di rimandi a pratiche strane, bizzarre o disturbanti presenti in Resident Evil Village.