Veterinario aggredito dalla padrona del cane. «Manca il rispetto»

L’ultimo caso: una donna dà in escandescenza. Alessandra Milano, direttrice sanitaria della struttura di via Beati: negli ultimi due anni violenze in aumento

Elisabetta Paraboschi
August 6, 2025|3 giorni fa
Veterinario aggredito dalla padrona del cane. «Manca il rispetto»
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Veterinario aggredito, ma non da un cane. A mettere le mani addosso al medico è stata infatti una donna andata in ambulatorio con il suo quattro zampe. È accaduto qualche settimana fa all’ospedale veterinario Farnesiana: un veterinario è stato aggredito dalla proprietaria di un cane portato perché manifestava una difficoltà nella respirazione. Il comportamento della donna ha raggiunto un livello tale di aggressività da richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Da qualche giorno nell’ambulatorio in via Beati è apparso un avviso: «Offendere o aggredire verbalmente o fisicamente gli operatori di questa struttura è reato – vi si legge – il personale ha diritto di lavorare in sicurezza. Qualsiasi atto di violenza non sarà tollerato e verrà prontamente segnalato all’autorità giudiziaria». Quello che è accaduto non è un unicum: frequenti sono le violenze verbali con cui i veterinari devono fare i conti, violenze perpetrate anche da proprietari di animali che sono frequentatori abituali degli ambulatori.
Alessandra Milano, direttrice sanitaria della struttura di via Beati che ogni giorno registra almeno un centinaio di accessi, definisce l’episodio come la classica «goccia che fa traboccare il vaso»: «Negli ultimi due o tre anni capita che le persone mostrino un’aggressività a volte insospettabile verso medici e operatori, ma in 31 anni di attività non mi era mai capitato un episodio di questo tipo – spiega – il veterinario di turno è stato costretto a chiamarmi per l’aggressività della persona che si è trovato davanti: quando sono arrivata, accompagnata anche da mio marito, questa signora ha cominciato a insultarmi e ad aggredirmi verbalmente e abbiamo allora chiamato le forze dell’ordine, ma nel frattempo lei ha preso mio marito per la maglietta strappandogliela e infine ha preso per il collo il mio collega. Solo grazie all’aiuto dei carabinieri siamo riusciti a farla uscire dall’ospedale veterinario. Alla luce di quanto accaduto abbiamo potenziato il sistema di controllo della vigilanza privata».
L’ORDINE DEI VETERINARI DI PIACENZA: MAI CASI DEL GENERE NELLA NOSTRA PROVINCIA, SITUAZIONE GRAVE
«Un caso come quello all’ospedale veterinario Farnesiana? A mia memoria non ne ricordo. E sono veterinario da davvero tanti anni» è il commento di Gian Piero Brigati, presidente dell’Ordine dei medici veterinari della provincia di Piacenza: è lui a sottolineare come «anche nel nostro territorio si registrano episodi di aggressioni verbali verso i veterinari, mentre di casi in cui ci sia stata una violenza fisica ce n’è stato solo uno alla struttura di via Beati. E già è comunque troppo».
LA PSICOLOGA LOCATELLI: NO ALL’UMANIZZAZIONE DEGLI ANIMALI DOMESTICI
«L'umanizzazione porta spesso a proiettare sull'animale i propri stati d'animo, desideri e fragilità: questo può diventare pericoloso, soprattutto quando l'animale si ammala o si comporta in modo "non conforme" alle aspettative del proprietario – spiega la psicologa Alessandra Locatelli – in quei momenti, il veterinario, che dovrebbe essere un alleato nella cura, può essere percepito come una minaccia o un "colpevole e si trova a gestire non solo l'animale, ma le reazioni emotive spesso sproporzionate dei suoi proprietari».
Locatelli sottolinea come «dopo la pandemia stiamo osservando una crescente aggressività in diversi ambiti relazionali, compreso quello tra proprietari di animali e veterinari. Le aggressioni, anche solo verbali, sono sintomo di un disagio che ha radici complesse: da un lato c'è la fragilità emotiva aumentata dopo anni di isolamento, incertezza e ansia, dall'altro c'è un cambiamento profondo nel modo in cui molte persone si rapportano agli animali domestici. Un fenomeno che come psicologa osservo spesso è l’umanizzazione degli animali, ovvero la tendenza a considerarli quasi come bambini».
Locatelli prosegue: «Parlando in modo personale, anche il cane del mio compagno è arrivato proprio in un momento in cui la solitudine e l'incertezza erano forti. Per me, è stata un'esperienza intensa di legame e di affetto, ma anche di osservazione: prendersi cura di un animale non significa trattarlo come un essere umano, ma riconoscerne i bisogni etologici, rispettarne la natura, imparare a comunicare in modo diverso. Questa è, secondo me, la differenza fondamentale tra umanizzare un animale e amare davvero un animale. L'umanizzazione rischia di trasformare il cane in un contenitore delle nostre fragilità emotive. L'amore autentico, invece, richiede empatia, ma anche conoscenza, rispetto, e a volte anche accettare i limiti, come quelli imposti dalla malattia o dalla vecchiaia. Credo che l'aumento delle aggressioni ai veterinari sia il risultato di una combinazione di fattori: fragilità emotiva post-pandemica, scarsa preparazione nella gestione degli animali, proiezioni affettive sbilanciate e una cultura ancora poco orientata alla responsabilità. Serve più educazione, più consapevolezza e forse anche più ascolto reciproco: da parte dei proprietari, ma anche della società».