Cerealicoltura, costi insostenibili e vincoli normativi alzano l'allarme

Riunita la sezione di prodotto Colture Industriali di Confagricoltura: occorrono misure straordinarie

Redazione Online
|1 giorno fa
Cerealicoltura, costi insostenibili e vincoli normativi alzano l'allarme
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Un quadro a tinte fosche che fotografa la grave crisi che sta investendo il comparto cerealicolo: è quanto emerge dall’incontro della Sezione di Prodotto Colture Industriali di Confagricoltura Piacenza, che si è riunita nei giorni scorsi per fare il punto di fine campagna. La riunione, convocata per discutere delle problematiche legate soprattutto alla campagna e alle quotazioni straordinariamente basse del grano duro e in buona misura del grano tenero, non ha mancato di evidenziare condizioni economiche e normative ormai insostenibili per gli agricoltori che portano sotto il punto di pareggio anche altre colture come la soia e il mais da granella.
«Ho convocato la sezione perché la situazione è critica – ha aperto i lavori il presidente Ercole Parizzi – un vero grido d’allarme che arriva dal territorio e che abbiamo portato anche a Bologna il 30 settembre scorso».
I dati ISMEA confermano la gravità: il costo di produzione del grano duro si aggira sui 30 €/q, mentre il prezzo di mercato è di soli 26 €/q, con margini negativi che rendono impossibile anche solo coprire i costi. «Oggi il grano duro è una coltura a rischio – ha sottolineato Matteo Cattivelli – anche solo per i limiti imposti alle fertilizzazioni: abbiamo un limite di azoto insufficiente per garantire qualità e quantità perché agronomicamente, faccio l’esempio dei miei campi, servirebbero almeno 260 unità. Con i quantitativi ammessi si formano le spighe, ma poi non crescono. È come guidare con il serbatoio sempre in riserva».
«Sui mercati scontiamo una battaglia ad armi impari – ha rilevato Parizzi – importiamo commodities di buona qualità prodotte con regole più snelle, meno vincoli, minori costi, per non parlare della possibilità di usare varietà Ogm, la cui coltivazione da noi è proibita».
Anche le prospettive future destano preoccupazione. «Se continuiamo con questi vincoli, permettendo invece investimenti all’estero, ci costruiamo da soli la concorrenza – ha spiegato Cattivelli – paesi come Egitto e Turchia stanno sviluppando piani cerealicoli con tecnologie simili alle nostre e in pochi anni ci sottrarranno quote di mercato».
La difficoltà non riguarda solo i costi, ma anche le condizioni produttive: varietà che un tempo fiorivano a maggio anticipano di 10 giorni, le rese faticano a superare i 90 q/ha e le filiere risultano fortemente sbilanciate verso l’industria. «I molini non vogliono più rapportarsi con i piccoli produttori – ha ricordato Corrado Peratici – e il mercato non è controllabile dalle nostre aziende».
Confagricoltura Piacenza sottolinea, all’unisono con Confagricoltura nazionale, l’urgenza di un intervento coordinato, auspicabilmente da parte governativa.
«Serve rivedere i parametri di filiera, oggi troppo rigidi e sbilanciati a vantaggio della parte industriale. Non è possibile che alla Borsa merci di Bologna la soia d’importazione Ogm sia quotata più di quella nazionale non Ogm. Per il grano, come per altre colture, non si possono mettere all’angolo gli agricoltori spuntando loro tutti gli asset produttivi per poi importare derrate che rispettano i desiderata dei trasformatori. Così si affossa un sistema. Gli agricoltori chiedono che siano garantite misure di sostegno economico, oggi necessarie a fronte di una situazione critica sul piano strutturale e divenuta eccezionale per una sfortunata congiuntura di mercato - ha dichiarato Umberto Gorra, presidente di Confagricoltura Piacenza – altrimenti rischiamo di perdere interi comparti come il mais da granella e il grano duro».
«Torniamo a denunciare le limitazioni normative che penalizzano la produzione nazionale e in generale la libertà d’impresa. La scienza dice una cosa, le norme ideologiche un’altra – ha osservato il direttore Marco Casagrande – dobbiamo lavorare per garantire una produzione italiana sostenibile, competitiva e libera di competere ad armi pari con quella che il sistema produttivo apprezza e importa».
Il dibattito ha inoltre evidenziato come le colture cerealicole siano fondamentali non solo per il reddito, ma anche per il terreno e il paesaggio, garantendo rotazioni colturali e equilibrio agronomico. Tuttavia, oggi, «non garantiscono più reddito» ha concluso Parizzi.
Ercole Parizzi – presidente della Sezione di Prodotto Colture Industriali di Confagricoltura Piacenza
Ercole Parizzi – presidente della Sezione di Prodotto Colture Industriali di Confagricoltura Piacenza