La ricercatrice Fontana sull'impatto della realtà virtuale nella nostra vita

Conferenza di spicco del partecipato Alter Fest-Futuri possibili a Palazzo Ghizzoni Nasalli

Irene La Ferla
|13 giorni fa
Un momento della conferenza- © Libertà/Irene La Ferla
Un momento della conferenza- © Libertà/Irene La Ferla
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La suggestiva cornice di Palazzo Ghizzoni Nasalli ha ospitato la terza edizione di Alter Fest-Futuri possibili, «uno spazio per abitare il presente e immaginare insieme scelte diverse, coraggiose e condivise». Promosso dall’Aps Kult, il festival mira a valorizzare la cultura come strumento di coesione, formazione e partecipazione collettiva. Nel corso del weekend Alter Fest ha proposto un viaggio tra saperi condivisi, transizioni possibili ed esperienze immersive, alternando talk, workshop creativi, giochi educativi e momenti di socialità. Tra gli stand, quello del market vintage Infra Market e libreria Fahrenheit 451, mentre la parte enogastronomica è stata curata da Lo Fai e da Wine Not.
Di particolare interesse, in relazione al tema del futuro, il talk “Virtual reality: come le esperienze immersive modellano il nostro rapporto con gli altri e con l’ambiente”, condotto da Margherita Fontana, ricercatrice post-doc dell’Università di Milano. Fontana fa parte del Centro di ricerca sulle realtà estese (EXT), nato dal progetto An-Icon del Dipartimento di Filosofia e coordinato dal docente di Estetica Andrea Pinotti. Nel suo intervento, la studiosa ha analizzato la realtà virtuale come forma di «immagine ambientale», capace - come spiega - di «fare finta di non essere immagine ma realtà», alla maniera dei trompe-l’œil o delle pitture rupestri: aperture su mondi possibili che invitano chi guarda a una partecipazione attiva.
Fontana ha ripercorso la storia delle tecnologie immersive, dal visore “Spada di Damocle” ideato negli anni Sessanta da Ivan Sutherland al primo visore leggero sviluppato negli anni Ottanta da Jaron Lanier, fondatore di VPL Research. Un percorso nato in contesti controculturali più che social, e poi rilanciato nel 2015 dal celebre TED Talk di Chris Milk, che definì la realtà virtuale «una macchina per l’empatia». Ma, sottolinea Fontana, le reazioni fisiche suscitate da esperienze come Plank - il gioco che simula una passerella sospesa nel vuoto - non equivalgono a una vera empatia, «più complessa e stratificata».
La ricercatrice ha poi illustrato gli impieghi concreti della realtà virtuale: dall’addestramento professionale - come nel caso di Enel, che utilizza simulatori per la formazione del personale – al supporto ai pazienti in chemioterapia, fino alla tutela di ecosistemi fragili attraverso i “digital twin”, gemelli virtuali di ambienti reali. Tecniche impiegate, ad esempio, per riprodurre grotte preistoriche non accessibili, o in progetti come Songbird VR, che unisce ricostruzioni digitali e registrazioni d’archivio di specie estinte. Tecnologie che, conclude Fontana, «non solo ci permettono di viaggiare nello spazio, ma anche nel tempo».