"Wish You Were Here" dei Pink Floyd compie 50 anni e non perde il suo fascino

La storia dell'album che uscì due anni dopo il celebre "Dark Side of The Moon" e da molti considerato superiore

Redazione
|6 giorni fa
Il cofanetto uscito per celebrare l'album - © Libertà/Giuseppe Maggi
Il cofanetto uscito per celebrare l'album - © Libertà/Giuseppe Maggi
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Sarà forse meno solenne di quello di "Dark Side of The Moon" due anni fa, ma questo 2025 festeggia il mezzo secolo dell’album "Wish You Were Here" dei Pink Floyd. Un disco certamente meno rivoluzionario del precedente, ma sicuramente non inferiore e per il quale si spenderanno importanti commenti e iniziative in occasione dei suoi primi 50 anni. La storia di questo album ha le radici proprio all’indomani della pubblicazione di "Dark Side of The Moon" nel 1973: con quel 33 giri i Pink Floyd (Roger Waters al basso, David Gilmour alle chitarre, Richard Wright alle tastiere e Nick Mason alla batteria) si trovano nell’Olimpo della musica pop-rock, con vendite astronomiche, acclamazione della critica e spettacoli non più per pochi silenziosi intimi ma per masse chiassose.
In realtà nel 1970 avevano già piazzato un album al primo posto della classifica inglese, ovvero quell’"Atom Heart Mother" diventato famoso anche per la copertina con la mucca, ma il disco del ‘73 li ha consacrati a livello planetario. Durante alcune soste di una tournée trionfale tra America ed Europa il gruppo si riunisce con l’intento di dare corpo a un progetto tanto strano quanto unico: un disco suonato solo con oggetti di uso comune, specie casalinghi. Il progetto ha un nome, "Household Objects", e tiene occupati i quattro musicisti per diverse sedute prima di essere accantonato. Ma le attese sono importanti e i discografici premono per sfruttare un periodo d’oro: raccogliere qualche idea con cui dare un seguito al capolavoro "Dark Side of The Moon" diventa urgente ma portare alle stampe un album non all’altezza potrebbe significare per il gruppo un drastico ridimensionamento. Dalle sedute per il progetto "Household Objects" i Pink Floyd recuperano le basi per un pezzo che si dilaterà per oltre venti minuti: partendo da un tocco di chitarra di Gilmour nasce "Shine on you crazy diamond". Dagli incontri scaturisce anche un secondo pezzo, "Raving and drooling". Nel frattempo, a inizio ‘74, per cavalcare l’onda del successo mondiale di "Dark Side of The Moon" la casa discografica decide di mettere in vendita un doppio ellepi, "A Nice Pair", contenente i primi due album del gruppo, "The Piper at The Gates Of Dawn" e "A Saucerful Of Secrets".
La mini-raccolta riesce ad ampliare la platea degli appassionati dei Pink Floyd, anche se il gruppo e la sua musica non sono più assolutamente quelli dei due dischi d’esordio. A novembre 1974 i Pink Floyd danno avvio al British Winter Tour. La scaletta comprende due pezzi già rodati in concerto, "Shine on you crazy diamond" e "Raving And drooling", un brano nuovo di zecca, "Gotta be crazy", l’intero "Dark Side of The Moon" ed "Echoes". Il lunghissimo pezzo "Shine on you crazy diamond" ha ormai preso una forma assai definitiva con i suoi nove raffinati "movimenti" quasi esclusivamente strumentali per i quali Waters ha pensato poche struggenti strofe dedicate a Syd Barrett, il fondatore della band estromesso anni prima per i suoi problemi mentali. Al contrario "Raving and drooling" e "Gotta be crazy" sono brani pur caratterizzati da una lunghezza importante ma con un ritmo decisamente più energico e con testi più crudi e taglienti. Uno dei concerti viene registrato illegalmente e riversato in vinile; immesso sul mercato con il titolo generico "The British Winter Tour" viene scambiato inizialmente per un nuovo album del gruppo riscuotendo un certo successo. A fine tournée il gruppo entra in sala di registrazione deciso a chiudere il nuovo album. Il materiale è pressoché pronto e verificato sul campo. Dopo le prime sessioni, però, i Pink Floyd salgono sull’aereo che li riporta negli Stati Uniti per una serie di concerti durante la quale viene presentata una ulteriore nuova composizione, "Have a cigar". La canzone viene inserita all’interno del brano "Shine on you crazy diamond" che si trova così spezzato in due parti. Il dilatarsi dei tempi però fa sorgere i primi dubbi sulla scaletta del nuovo 33 giri. "Raving and drooling" e "Gotta be crazy" vengono ritenuti pezzi troppo diversi dallo standard dettato da "Dark Side" e, dunque, vengono accantonati per essere sostituiti da altri brani inediti. In realtà i quattro musicisti stanno vivendo un periodo non facile. Le sessioni di registrazione, tra un tour e l’altro, sono fortemente condizionate dalla situazione di confusione che il successo ha originato. Durante le sedute in studio nessuno dei quattro ha la voglia di trovarsi lì; i concerti sono quasi il pretesto per non dedicarsi al nuovo disco.
I Pink Floyd durante un concerto americano del 1975
I Pink Floyd durante un concerto americano del 1975
Ma Waters ha una intuizione e trasforma il disagio della band nel tema trascinante del 33 giri. D’un tratto l’argomento attorno al quale costruire l’album diventa l’assenza, se non fisica senza dubbio mentale. Buttata sul piatto l’idea, il lavoro per chiudere l’album prende finalmente una direzione. Una ulteriore preziosa intuizione musicale di Gilmour, dopo le quattro note che avevano dato vita a "Shine on", è la base per il pezzo "Wish you were here" che fornirà il titolo al 33 giri mentre Waters compone un ultimo brano, "Welcome to the machine", una canzone dal testo ruvido. E mentre sono in corso le battute di mix finali per "Shine on you crazy diamond" torna a farsi vivo proprio Syd Barrett, scambiato inizialmente per un inserviente degli Abbey Road Studios: il fondatore dei Pink Floyd non è più il bel ragazzo dai lunghi capelli neri che tutti ricordano ma un ometto grasso, dall’aria disordinata e quasi calvo. Ma così come si era palesato poco dopo scompare. Non apparirà mai più agli occhi dei vecchi compagni. L’ultimo tocco di genialità al disco lo concede Storm Thorgerson titolare dello studio grafico Hipgnosis (nato con i Pink Floyd) il quale, considerato che il tema dell’intero album è l’assenza, ha pensato di rendere assente anche la sua copertina inserendola in una busta nera di plastica. L’idea però incontra la contrarietà della casa discografica e alla fine il gruppo accetta l’apposizione sulla busta di un adesivo chiarificatore. Una imposizione che certamente sarebbe stata velocemente superata quando si fosse sparsa la notizia che dentro quello strano involucro c’era il nuovo capolavoro dei Pink Floyd. Il disco non aveva certamente bisogno di pubblicità per essere venduto a milioni di copie. Tanto che la Emi si trova spiazzata e non riesce a supportare le richieste dell’album; per riuscirvi è costretta ad aumentare drasticamente i ritmi di stampa.
Dopo poche ore dalla sua apparizione nei negozi, il 12 settembre 1975, "Wish You Were Here" è già un successo mondiale. E i Pink Floyd si trovano definitivamente tra i grandi della musica. Il pensiero di aver dato a "Dark Side of The Moon" un seguito non all’altezza dura davvero pochi secondi. L’album conquista la prima posizione di tutte le maggiori classifiche mondiali. È l’evento musicale dell’anno. Per molti, tra cui Gilmour e Wright, "Wish You Were Here" è addirittura migliore di "Dark Side of The Moon". Ciò nonostante l’uscita del 33 giri non coincide con l’avvio di una nuova faraonica serie di concerti in lungo e in largo sul pianeta: non è stato programmato un "Wish You Were Here Tour". La presentazione completa dell’album dal vivo avverrà addirittura assieme a quella del disco successivo, "Animals", che nel 1977 andrà a recuperare i brani scartati due anni prima ("Gotta be crazy" e "Raving and drooling" diventeranno rispettivamente "Dogs" e "Sheep"). In Italia il successo dell’album è tale che Raiuno preleva "Shine on you crazy diamond" per farne la sigla d’apertura dello sceneggiato "Manon" con la regia di Sandro Bolchi. Anche nel Belpaese il nome Pink Floyd è definitivamente consacrato. Un filo molto forte legherà per sempre i Pink Floyd all’Italia. Dopo il concerto di gruppo nelle rovine di Pompei (dove anni dopo torneranno singolarmente Gilmour e Mason), i passaggi per numerose date durante i tour mondiali del 1987 e del 1994 e il celeberrimo spettacolo a Venezia il 15 luglio 1989 i tre componenti "superstiti" della band britannica avranno sempre tappe italiane nei programmi delle loro tournée: prova ne è la prossima pubblicazione a ottobre di album e video degli spettacoli tenuti nel 2024 da Gilmour al Circo Massimo di Roma. 
Giuseppe Maggi