L'Anpi di Piacenza sui luoghi della memoria in centro Italia
Le storie dei soldati inglesi e americani sulle note di “When the tigers broke free” di Roger Waters
Elisabetta Paraboschi
June 10, 2025|15 giorni fa

La visita delle delegazione Anpi di Piacenza al Museo di Anzio
Al Museo dello sbarco di Anzio, una villa costruita nel Seicento su mandato di Papa Clemente VIII, risuonano le note della canzone «When the tigers broke free» di Roger Waters, ex cantante dei Pink Floyd.
«Era poco prima dell’alba di un miserabile mattino dell’oscuro ’44… e la testa di ponte di Anzio fu tenuta al prezzo di alcune centinaia di vite comuni…» scrive Rogers ricordando che fra quelle vite comuni c’era anche quella di suo padre, il sottotenente Eric Fletcher Waters, appartenente alla 167esima Brigata di Fanteria inglese, inquadrata nella Compagnia dell’8° battaglione Reali Fucilieri.
Waters è uno dei tanti soldati britannici e americani sbarcati sulle coste di Anzio tra il gennaio e il febbraio del 1944, protagonista di quello sbarco incominciato il 22 gennaio che avrebbe dovuto garantire alla liberazione di Roma nel giro di pochi giorni. La storia andò diversamente, per liberare Roma ci vollero sei mesi, in breve tempo le divisioni alleate vennero raggiunte dai tedeschi, Anzio e la vicina Nettuno vennero bombardate, a morire fra gennaio e giugno furono 83 mila soldati fra alleati e tedeschi. La storia dello sbarco è raccontata nell’omonimo museo che una cinquantina di piacentini dell’Anpi provinciale di Piacenza ha visitato nel primo giorno di un viaggio sui luoghi della memoria del centro Italia. Accolti dal fondatore Patrizio Colantuono, i piacentini hanno potuto scoprire le storie dei soldati inglesi e americani coinvolti in questa operazione militare che il primo ministro del Regno Unito Churchill riassunse così: «L’intenzione era di lanciare un gatto selvatico sulla spiaggia di Anzio ma si ritrovarono con una balena spiaggiata».
Al museo dello sbarco le storie di questi ragazzi - perché tali erano, con un’età media di 20 anni - vengono ricostruite attraverso divise, fotografie, materiale di diverso tipo che le famiglie delle vittime o anche i diretti protagonisti hanno donato. «Lo abbiamo inaugurato nel 1994 con 50 fotografie - spiega il fondatore - all’inizio gli inglesi non ci hanno dato nulla perché non si fidavano, dopo hanno imparato. Quello che abbiamo raccolto qui è solo per ricordare quei ragazzi che sono morti con la speranza di liberare un Paese che non era neppure il loro».
La villa che ospita i reperti dello sbarco ne conserva anche altri che compongono il museo archeologico, oggetto di una visita breve ma interessante per scoprire fra le altre la storia della statua conosciuta come «La fanciulla di Anzio» recuperata nel 1872. A chiudere la giornata è stata la visita alla spiaggia dello sbarco: per arrivarci si passa fra tamerici e piante di agave, i cespugli di finocchi di mare circondano la statua di Nerone a cui Anzio ha dato i natali. Non ci sono monumenti a ricordare lo sbarco: la spiaggia oggi è spiaggia vera con gli ombrelloni, le sdraio e tanti bagnanti. Eppure a vederla un certo effetto lo fa: non è difficile immaginarli quei ragazzi arrivati da lontano come si vedono nei filmati del museo sotto le note della canzone di Waters.