Festival, da Filippo Galli lezione ai giovani: «Serve accompagnarli»

Al Festival del Pensare Contemporaneo la nuova puntata di Bowlcast, il podcast live di Telelibertà, con ospite la leggenda del grande Milan

Redazione Online
|40 giorni fa
Danilo Di Trani, Filippo Galli e Marcello Tassi insieme all’ormai famoso “scudlei”
Danilo Di Trani, Filippo Galli e Marcello Tassi insieme all’ormai famoso “scudlei”
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Finalmente. Dopo la Festa dei Lyons, dopo la leggendaria Festa dei Cuion, il sottoscritto – scodellino di porcellana fina, scolpito dal tempo e temprato dal Gutturnio – è stato invitato dove merita: al Festival del Pensare Contemporaneo. Eh sì, anche i filosofi ora si accorgono di me. Hanno notato la mia curva elegante, i miei liquidi profumati, il mio spirito da “decanter dell’anima”. E lì, tra le colonne del cortile di Palazzo Rota Pisaroni, è comparso lui.
Mentre io attendevo Godot, è arrivato Filippo Galli, lo “squalo di Villasanta”. Una leggenda gentile. Sedici stagioni col Milan, 5 scudetti, 3 Coppe dei Campioni... Difensore dai piedi vellutati, spalla ideale di Baresi, lanciato da Liedholm per marcare Platini e Maradona, e consacrato da Sacchi: «Il mio segreto? Pensare ogni domenica che sarebbe arrivato il mio turno - ha rivelato Galli - anche se dentro sapevo che non era così. È così che ho fatto il mio dovere, come nella finale di Champions del ’94. Capello non era convinto di Desailly e toccò a me. Vincemmo 4-0. Non fui felice solo per la partita, ma perché la gente non dimenticasse le mie oltre 200 presenze».
Poi, un ricordo a sorpresa: «Piacenza la ricordo anche per quell’ultima giornata di campionato, stagione ’93-’94, quando la Reggiana vinse a San Siro, e così il Piace retrocesse. Si parlò di qualcosa di combinato: onestamente non ne ho mai saputo nulla e ancora oggi assicuro che se qualcosa c’è stato, non ne ero a conoscenza». Dopodiché, il Milan degli Dei: Gullit l’istrione «che si presentò a Milanello con una chitarra a tre corde», Van Basten taciturno, Rijkard “scafato”. «Arrigo Sacchi fu il mio maestro. Ha cambiato il calcio, anche se oggi molti gliene fanno una colpa».
Certo, poi sono spuntati pure quei due cialtroni di Marcello Tassi e Danilo Di Trani, che si millantano conduttori e che hanno provato come sempre a rovinare tutto. Ma non ce l’hanno fatta. Hanno persino costretto Galli a un quiz assurdo: abbinare ogni compagno della finale del ’94 a un eroe. Maldini? Jeeg Robot. Sebastiano Rossi? «Hemingway, per la pesca. Anche se una volta noi compagni gli piazzammo una testa di pesce spada sotto il letto, per vendetta…». E lui? «Mi definisco un eretico del calcio».
Protagonisti anche i suoi libri: “Un pallone tra le stelle” (Feltrinelli) e “Il mio calcio eretico” (Piemme). Galli ha toccato temi profondi: «I giovani oggi sentono il fallimento in modo molto più forte. Colpa anche della nostra generazione. Il mondo dei social è spietato: bianco o nero. Serve accompagnarli, non pressarli». E poi, la frase che mi ha fatto versare una lacrima: «La vittoria è quando ce la metti tutta. Il risultato passa. L’impegno resta, perché dà i suoi frutti nel tempo».
Un pomeriggio memorabile. Io, colmo e lucido. Il pubblico incantato. La porcellana che vibra. La cultura che gioca a pallone. La puntata di Bowlcast con Filippo Galli va in onda domani su Telelibertà alle 21, poi ogni domenica allo stesso orario sul canale 76 con tutte le altre puntate.
Ma voi, non aspettate Godot.
Il pubblico di "Bowlcast" nel cortile di Palazzo Rota Pisaroni
Il pubblico di "Bowlcast" nel cortile di Palazzo Rota Pisaroni