I nostri dieci anni senza Enrica Prati «Voliamo con te»

Il 31 agosto 2015 la notizia che non avremmo mai voluto dare. Aveva 46 anni

Simona Segalini
Simona Segalini
|2 giorni fa
I nostri dieci anni senza Enrica Prati «Voliamo con te»
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Il Tempo è volato via, e noi con questo tempo. Qui, da via delle Benedettine 68, Piacenza, abbiamo percorso negli ultimi 10 anni chilometri e chilometri di vita. Centinaia di chilometri, come sul Golden Circle d’Islanda, a caccia di notizie, di storie, di curiosità, assetati di tutto ciò come lo fossimo di aurore boreali da cui farci stupire, noi ancora prima dei nostri lettori. Dieci anni fa, il 31 agosto 2015, Enrica Prati, al tempo editrice del Gruppo Libertà assieme alla presidente, la madre Donatella Ronconi, ci lasciò per sempre, increduli e soli, dopo 15 mesi di malattia.
A 46 anni, quel mattino assolato e inutilmente sereno di fine agosto con un sole già settembrino, l’editrice ci mandò in redazione l’ultima delle notizie che avremmo voluto ascoltare, la più crudele. L’allora direttore Gaetano Rizzuto, percorrendo a testa bassa la redazione ancora deserta, disse soltanto: «Enrica è morta». Io e il collega Giorgio (Lambri) attoniti gli chiedemmo di ripetere, non avevamo compreso, forse non avevamo voluto capire. «Enrica è morta», ribadì Rizzuto con la voce spezzata prima di chiudersi dentro al suo studio. Enrica era presidente di Telelibertà e a Altrimedia, alla guida del gruppo con la madre Donatella Ronconi, la presidente che è scomparsa a gennaio 2025, un decennio dopo, mentre l’anima dell’avventura resta oggi la stessa, quandoe al timone ci sono il presidente Alessandro Miglioli e il direttore (di Libertà, Telelibertà e Liberta.it) Gian Luca Rocco. La morte di Enrica avrebbe messo in ginocchio chiunque. Troppo giovane, ancora, troppo piena di progetti a cui dare vita nel mondo dell’editoria - di cui aveva tastato i primi sapori fin da piccola, figlia di Marcello Prati, lei terza generazione della stirpe di editori di Libertà - troppo ingiusta quella morte che ci ha lasciati nel pieno della sua -e nostra - impresa verso il futuro della comunicazione e della stampa. Ma crediamo di avercela fatta, almeno un po’, e siamo orgogliosi anche per lei. Come figli, fratelli di chi ha lasciato il testimone, e si aspetta che l’impresa prosegua.
Ricordare Enrica oggi è ricordare una figura lieve, eterea, perché intrisa di luce, talora impalpabile, e al tempo stesso granitica nella sua essenza. Sorriso e determinazione, understatement e determinazione, ancora. Lei che amava la danza classica, piroettava sulle punte da bambina e da adulta sedeva in prima fila alla Scala di Milano. Era una figura che si muoveva in punta di piedi anche nella vita, e il suo sorriso è stato davvero alla portata di tutti, plebei e patrizi, santi e peccatori. Ecco, Enrica non è mai stata giudicante, mostrando di sé l’aspetto più accogliente e democratico che fosse mai possibile. A Natale 2014, nella informale cerimonia in cui ci salutò come ogni anno - giornalisti, impiegati, tipografi - nel museo della stampa intitolato a suo padre, aveva i capelli corti, esito delle recenti cure. Ma conservava negli occhi la forza e la grinta di chi guarda - nonostante tutto - al futuro come una tigre. «Quando c’è un problema - mi disse - bisogna guardarlo in faccia, non bisogna girargli intorno».
Sono le ultime parole che ho ascoltato direttamente da Enrica, prima della sua scomparsa. Il resto, di lei, è quanto aveva seminato. La fiducia nella tecnologia applicata all’informazione, il saper fare squadra, la fusione tra i mezzi di comunicazione - che oggi è diventata anche materia solida, non solo un’idea - è stata questa la sua lezione. Enrica Prati non si è mai messa in cattedra. Le sue lezioni sono state, spesso, le parole non dette, più di quelle dette, all’insegna di una sobrietà che talvolta sfiorava l’impenetrabilità. Eppure, così esplosiva, così intollerabilmente invidiabile in quelle sue risate che chi la ama ha potuto conoscere. Lei, da parte sua, amava la Mille Miglia, che aveva corso in alcune stagioni, amava scherzare e mettersi in gioco, anche se era alla guida di uno dei gruppi editoriali più titolati d’Italia. Amava la sua squadra, amava Libertà. Amava Piacenza, Enrica. Per questa città la madre Donatella, dopo la morte prematura della figlia, ha creato una fondazione - la Fondazione Ronconi-Prati - indizio di un amore non epidermico per il territorio e per la comunità che ci vive. Il Tempo è volato ma Enrica continua a volare con noi. Sorridente, come sua madre Donatella, come in quell’istantanea che accoglie ogni visitatore all’ingresso del giornale.