«Piacentina sempre». Nata a Buenos Aires ma le radici sono qui

Silvia Guazzoni è figlia di immigrati. Ha fatto carriera, girato il mondo con la scorta. Ma quando può torna alle origini, dai cugini di Carpaneto

Valentina Paderni
|19 ore fa
Da sinistra, Celestina Guazzoni con la cugina argentina Silvia Guazzoni e la figlia Stella Devoti - FOTO PADERNI
Da sinistra, Celestina Guazzoni con la cugina argentina Silvia Guazzoni e la figlia Stella Devoti - FOTO PADERNI
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Silvia Guazzoni non tornava “a casa” da tredici anni. La sua casa è ancora qui: figlia di due emigrati che dalla val d’Arda si sono imbarcati nel dopoguerra per il sud America è nata in Argentina, dove vive tuttora, vicino a Buenos Aires, ma il sangue italiano, meglio ancora piacentino, le scorre dentro così forte che ha sempre mantenuto salde le sue radici. Dopo aver fatto tappa in Sicilia, a Napoli e Roma, si è fermata a Carpaneto, ospite della cugina Celestina Guazzoni, mamma di Roberto, Stella e Fiorella Devoti, dell’omonimo panificio.
Il viaggio dei genitori
Il papà di Silvia, Giuseppe Guazzoni detto “Pino” anche perché era molto alto, era uno dei cinque fratelli di Antonio, papà di Celestina. La mamma di Silvia, Ines Carini, era figlia unica e originaria di Castellarquato. Entrambi hanno lasciato la propria terra, ognuno per conto proprio. Poi, in Argentina si sono trovati e dopo qualche anno sposati. Era il 1952: «Non avevano soldi né per i fiori, né per prendere un taxi. Così sono saliti su un autobus per andare a casa di zia a mangiare gli anolini», racconta Silvia che nasce due anni dopo il matrimonio. La prima lingua che impara è il dialetto piacentino, anche se con il tempo, per permetterle di inserirsi meglio nell nuovo Paese, anche i genitori hanno dovuto rassegnarsi a parlare il castigliano. Ma le tradizioni sono rimaste, soprattutto a tavola: «La pasta non mancava mai. Era il primo piatto, anche la sera, in brodo, c’era sempre». Giuseppe e Ines si sono sempre dati da fare, riuscendo subito a trovare lavoro. Lei, inizialmente in una grande farmacia, lui come operaio marmista. «Gli italiani si contraddistinguevano per essere grandi lavoratori. Mamma diceva sempre “Voglia di lavorare saltami addosso perché senza lavoro non posso” ». Poi, da sposati hanno avviato una piccola bottega di alimentari. « Mamma accoglieva i clienti e faceva i conti, era un’abile amministratrice. E riuscì a far arrivare anche nonna a stare con noi, quando aveva 60 anni ed è partita con tutti i pochi soldi che aveva nascosti in un piumino. In quegli anni il negozio andava bene, c’era la coda per prendere il prosciutto. Ma si risparmiava comunque su tutto. I guadagni si investivano nel mattone, la cosa più importante era avere una casa. Non siamo mai andati in vacanza. Credo di non aver visto il mare fino ai 14 anni».
Conclusa l’esperienza del negozio di alimentari, la famiglia Guazzoni fa il salto e avvia una fabbrica di plastica, dove prima si producono tappi e poi anche borsine. «In quel periodo ognuno cercava di avviare una piccola impresa familiare, per dare lavoro anche ai figli. Io stessa ho lavorato in fabbrica». Per Silvia, però, i genitori voglio un futuro diverso. Lei studia, va all’Università e fa carriera nel settore amministrativo- contabile. «Nessuno voleva assumere una giovane donna senza esperienza», ammette. Le sue capacità però non passano inosservate. Diventa revisore dei conti per grandi multinazionali, gira il mondo con la scorta perché fiuta operazioni fraudolente e le denuncia. Diventa una delle prime donne manager di una compagnia petrolifera internazionale. Infine avvia una propria attività nel trattamento di rifiuti industriali e speciali. Fino a scegliere di dedicarsi alle sue due figlie, adottate: una medico e l’altra regista.
«Il biglietto con i risparmi»
«Con i miei primi risparmi ho comprato il biglietto per tornare nel Piacentino. E l’ho preso anche per mamma e papà, che non tornavano a casa da oltre trent’anni: temevano il confronto con chi era rimasto. Io poi sono tornata altre volte, questa è la sesta. Continuo a rimanere in contatto con la famiglia di papà. Ho ripassato l’italiano con la serie tv “Rocco Schiavone” e guardando i video su Instagram di mia cugina Stella. Con Celestina abbiamo tante cose in comune, in Roberto rivedo il modo di fare di mio papà. Tornare qui è sempre speciale: da casa mi dicono che non mi hanno mai vista così sorridente nelle foto. Sono orgogliosa del mio cognome e lo sono anche le mie figlie, che lo portano con onore».