I bambini ci guardano dal campo: «Non usiamoli per nostre rivalse»
Il monito dello psicologo Piero Verani: «Le ambizioni di società e famiglie portano a derive nei comportamenti»

Michele Rancati
June 7, 2025|18 giorni fa

Genitori che protestano: l’immagine è generata con l’Intelligenza artificiale, ma è quanto accade spesso sui campi
Finisce, anzi si interrompe momentaneamente, dopo 18 tappe il nostro viaggio nel calcio giovanile piacentino, pronto a ricominciare dopo l’estate, in corrispondenza dell’avvio dei nuovi campionati.
Per chiudere abbiamo ricevuto e pubblichiamo l’intervento di Piero Verani, dirigente psicologo dell’Asl, grande appassionato ci calcio e di cinema, papà di un bambino che gioca in una squadra cittadina. La sua analisi è tanto impietosa, quanto realistica. Ma, per fortuna, contiene anche qualche consiglio per i genitori e un germe di speranza sul fatto che la situazione possa migliorare. Lo stesso che abbiamo provato a seminare da Libertà e che qualche frutto ha già portato.
«I bambini ci guardano. Mi viene da citare un vecchio film di Vittorio De Sica - scrive Verani - mentre cerco di elaborare un discorso dopo aver seguito i ragionamenti di ex calciatori, allenatori, genitori, dirigenti delle società calcistiche piacentine, giovani e più esperti. Ci guardano i bambini, ma anche gli adolescenti, anche se magari lo fanno di soppiatto. Noi adulti siamo un esempio, buono o cattivo, ma siamo sempre lì davanti agli occhi dei ragazzi e delle ragazze, che ci valutano: sta a noi decidere se cercare di essere un modello da seguire».
Per chiudere abbiamo ricevuto e pubblichiamo l’intervento di Piero Verani, dirigente psicologo dell’Asl, grande appassionato ci calcio e di cinema, papà di un bambino che gioca in una squadra cittadina. La sua analisi è tanto impietosa, quanto realistica. Ma, per fortuna, contiene anche qualche consiglio per i genitori e un germe di speranza sul fatto che la situazione possa migliorare. Lo stesso che abbiamo provato a seminare da Libertà e che qualche frutto ha già portato.
«I bambini ci guardano. Mi viene da citare un vecchio film di Vittorio De Sica - scrive Verani - mentre cerco di elaborare un discorso dopo aver seguito i ragionamenti di ex calciatori, allenatori, genitori, dirigenti delle società calcistiche piacentine, giovani e più esperti. Ci guardano i bambini, ma anche gli adolescenti, anche se magari lo fanno di soppiatto. Noi adulti siamo un esempio, buono o cattivo, ma siamo sempre lì davanti agli occhi dei ragazzi e delle ragazze, che ci valutano: sta a noi decidere se cercare di essere un modello da seguire».

Verani continua con un esempio concreto, un fatto che purtroppo non è raro sui nostri campi: «Ricordo l’imbarazzo forte, due o tre anni fa, una domenica mattina a guardare con mio figlio di 4/5 anni una partita di Allievi: adolescenti che giocavano bene, correttamente, uno spettacolo. Ma in tribuna fioccavano insulti all’arbitro, all’allenatore e ai ragazzi. In dubbio se invitare a moderare il linguaggio in presenza di un bambino piccolo, ho rinunciato; commentavo il gioco con mio figlio e cercavo di non dare importanza al contesto. È stato già detto molto bene, nelle puntate già pubblicate su Libertà, che purtroppo la dimensione ludica si è un po’ persa, con troppa attenzione a risultati individuali e di squadra, con aspettative eccessive dei genitori che si ripercuotono sui figli. Le ambizioni di alcune società e famiglie portano a derive nei comportamenti di tutti gli attori coinvolti; chi ci rimette sono i figli che subiscono il clima di maleducazione, pressione e aggressività verbale e psicologica, fomentato da adulti in preda a rivalse personali e affermazioni narcisistiche attraverso i loro ragazzi».
Non tutto, però, è irreversibile: «Per famiglie e società sportive la sfida non è semplice, ma così come a scuola non c’è solo il voto, anche nello sport occorre considerare altri fattori oltre alla performance. Ci vuole equilibrio, ma nella pratica mi sentirei di suggerire una comunicazione moderata e un forte rispetto dei ruoli, elementi sempre più assenti nella società contemporanea. Senza dimenticare che il calcio è un gioco. Del resto, la Nazionale più vincente della storia è quella del Brasile, patria di funamboli, talenti e campioni che associamo all’allegria, alla fantasia, al divertimento. Ed è forse proprio da lì che dovremmo ripartire».