«Giovani calciatrici più mature e serie dei maschi»

Il piacentino Andrea Zangrandi è nel settore giovanile del Parma: «Le ragazze sono anche più attente e precise»

Paolo Borella
June 6, 2025|19 giorni fa
La squadra del Parma Women che ha vinto il Big Ball riservato alle ragazze nate nel 2015 © Libertà/Massimo Bersani
La squadra del Parma Women che ha vinto il Big Ball riservato alle ragazze nate nel 2015 © Libertà/Massimo Bersani
1 MIN DI LETTURA
Da giovane e promettente direttore sportivo fra i dilettanti (ha contribuito all’ascesa fra le categorie della Virtus Piacenza) a collaboratore tecnico in un settore giovanile femminile professionistico. Il salto non è stato così scontato per il piacentino Andrea Zangrandi, che nella passata stagione ha fatto parte dello staff di Roberto Bottiglieri (originario di Castel San Giovanni, ora nel vivaio del Milan) nell’Under 15 “in rosa” del Parma.
«Un’esperienza oltre alle aspettative – racconta Zangrandi, 29 anni – un’annata divertente e stimolante. Certo, l’impatto non è stato facile perché con le ragazze è necessario un approccio diverso, con maggiore sensibilità. Poi però è andato tutto per il verso giusto».

Rispetto ai coetanei maschi, le ragazze di 14 e 15 anni hanno un’altra visione del calcio e dello sport: «Mi ha stupito la loro maturità e serietà, difficile da riscontrare nelle squadre maschili della stessa età. Ho trovato giovani calciatrici con tanta voglia di dimostrare, ma in modo sano e solo se meritato. Avevano una grande predisposizione al lavoro e un’attenzione quasi maniacale ai consigli che arrivavano dagli allenatori».
E le rivalità interne? Più complicato gestire uno spogliatoio di giovani donne? «Direi di no, non ho mai percepito invidia fra le giocatrici, nemmeno fra chi era convocata in rappresentativa e chi invece restava a casa. Anzi, magari toccava a noi stimolarle sul fatto di ritrovarci a giocare allo stadio Tardini o in splendidi centri sportivi del Nord Italia».
Tra un bacino di calcio femminile numericamente ridotto rispetto ai colleghi uomini e una società seria e attenta a questo sviluppo come il Parma, la normalità era infatti quella di vivere un contesto di alto livello: «La prima squadra è da un anno tornata in Serie A e nelle ultime stagioni ha lavorato molto sulle giovanili. La differenza? La proprietà americana che ci crede davvero. Lo percepisci appena entri al centro sportivo di Noceto, con quattro campi sintetici, due in erba naturale, oltre a palestra e area medica tutte dedicate alle ragazze».
Monitorate dal punto di vista tecnico e atletico, ma anche scolastico («per essere certi che i tanti impegni col calcio non incidano sul rendimento fra i banchi») e mentale: «Con la figura della psicologa fondamentale in una fase di crescita e di cambiamenti fisici così delicata. Svolgeva incontri mensili con i genitori e c’era uno scambio quotidiano con uno staff formato da almeno cinque allenatori e dirigenti, per avvisarci in caso di problematiche».
Per creare la «filiera» Parma femminile, due i punti cruciali: «Partire dalla scuola calcio per “educare” le basi tecniche fin da subito e fino ad almeno 16 anni giocare un girone intero con i maschi più piccoli di un anno. In questo momento di sviluppo non ancora definito di tutto il movimento, in cui le squadre non sono tante oppure non troppo organizzate, le sfide contro i ragazzi forgiano il gruppo sul piano fisico e caratteriale e alzano la competitività».