«Quando scendo in campo la carrozzina non esiste più»

Sono parole di Paolo Coduto, leader esemplare di Piace Baskin, al termine di una stagione ricca di soddisfazioni per la realtà che unisce normodotati e disabili

Marcello Tassi
Marcello Tassi
June 8, 2025|18 giorni fa
Baldovino Vento, Paolo Coduto e Matteo Soragna
Baldovino Vento, Paolo Coduto e Matteo Soragna
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«Quando sono in campo, la carrozzina sparisce. Mi sembra quasi di non essere un disabile».
Bastano le parole di Paolo Coduto, 56 anni, il più “anziano” giocatore del Piacebaskin, per capire cosa rappresenti davvero questo progetto nato a Piacenza e cresciuto stagione dopo stagione. Non solo canestri e punteggi, ma inclusione, relazioni, trasformazione.
Piacebaskin è molto più di una squadra: è un’idea di sport che mette sullo stesso parquet ragazzi e ragazze, normodotati e con disabilità, fianco a fianco, uniti da regole pensate per permettere a tutti di giocare insieme. Non solo per competere, ma per costruire qualcosa che valorizzi ogni individualità, senza lasciare indietro nessuno. In quattro anni, questo progetto ha trovato gambe, cuore e anima.

La stagione

La stagione appena conclusa – la quarta dalla nascita – è stata anche la prima con due squadre iscritte al campionato. La prima ha chiuso con un ottimo terzo posto nel girone Lombardia Sud; la seconda, sperimentale, ha portato entusiasmo e nuove energie, concludendo al nono posto, ma con il sorriso di chi guarda al futuro. Dietro questo sviluppo c’è il lavoro appassionato del presidente Baldovino Vento, che traccia il bilancio della stagione con orgoglio, ma anche con un pizzico di preoccupazione.

Cinquanta praticanti

«Oggi siamo circa cinquanta tra ragazzi e ragazze – racconta – e pensare che eravamo partiti con appena 12 iscritti. Il progetto cresce, il bisogno è evidente, e ogni settimana riceviamo nuove richieste. Purtroppo, però, ci mancano le figure tecniche: allenatori in primis. Se ne avessimo a sufficienza, potremmo formare una terza squadra. Invece siamo costretti, spesso, a dire di no. E ogni volta che dobbiamo rifiutare un ragazzo o una ragazza che vorrebbe iniziare, ci si stringe il cuore».

«Cercasi allenatori»

Il suo appello è chiaro e diretto: «Cerchiamo allenatori e arbitri. Tutti verranno retribuiti, certo, ma più di tutto entreranno a far parte di un’esperienza unica. E ci tengo a ringraziare chi già ci sostiene, come Australian e Fondazione Ronconi Prati: senza il loro supporto, tutto questo non sarebbe possibile». Quello del Piacebaskin è un percorso sportivo, ma prima ancora è un viaggio umano. Lo dimostrano le testimonianze delle famiglie, dei genitori che vedono i loro figli crescere non solo tecnicamente, ma soprattutto nella capacità di stare con gli altri, di collaborare, di affrontare la vita con maggiore consapevolezza. «Molti genitori ci ringraziano – aggiunge Vento – perché notano nei loro figli una maturazione autentica. Imparano a relazionarsi, a lavorare in squadra, ad accettarsi e ad accettare gli altri. Questo, per noi, vale più di ogni risultato».

L’esempio di Paolo

Tra le tante storie che animano l’universo del Piacebaskin, quella di Paolo Coduto è tra le più significative. Tre anni fa, dopo una tragedia famigliare, ha incontrato il baskin quasi per caso, grazie a un collega. Inizialmente era scettico, ma poi il gruppo, la coesione, la forza umana dei compagni, lo hanno conquistato. Oggi è uno dei migliori tiratori del campionato. «Io quando sono in campo non mi sento disabile, ma parte della squadra. Finché sto bene, continuerò a giocare. Devo tantissimo a Matteo Soragna: in poco tempo mi ha insegnato a tirare, e da lì ho cominciato a credere in me stesso».

Soragna, cuore grande

Soragna, ex capitano della Nazionale di basket, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene 2004 e oggi commentatore NBA per Sky, non ha bisogno di presentazioni. Da quattro stagioni ha scelto di mettersi in gioco anche qui, indossando la maglia del Piacebaskin come giocatore.
«Mi sono innamorato del progetto dopo aver assistito a un allenamento – racconta – e da allora, appena gli impegni me lo permettono, non manco mai. È il terzo anno di fila che arriviamo in semifinale, ma la cosa più bella è la crescita costante del gruppo: in quattro anni siamo quintuplicati. Ormai in tanti conoscono il baskin e il nostro obiettivo è proprio questo: far avvicinare più persone possibile, con o senza disabilità, a uno sport che ha davvero qualcosa da insegnare a tutti». Per Soragna, il valore di questa esperienza va ben oltre il campo da gioco: «Ogni giorno imparo qualcosa da questi ragazzi. C’è una libertà rara: possiamo prenderci in giro, ridere, sostenerci. Ogni nuovo arrivato viene accolto come parte di una famiglia. Questo è, in fondo, il vero spirito del baskin».