Alanis Morissette: «Sono fiera della mia carriera, tra alti e bassi sono stata sempre coerente»
La cantautrice canadese si racconta anche come attrice, donna e mamma

Eleonora Bagarotti
|48 giorni fa

Alanis Morissette durante un concerto
Ha inaugurato la stagione dei grandi concerti a Villa Manin di Codroipo e poi ha stupito tutti duettando, all’auditorium Parco della musica di Roma, con Laura Pausini in “Ironic”. Sarà che la Pausini (pluripremiata e con un management internazionale che l’ha portata a duettare persino con Barbra Streisand!?), dallo spirito originario di “Ironic” appariva un bel po’ distante. Ma di quello spirito, trent’anni dopo “Jagged little pills (disambiguation)”, l’album che lanciò definitivamente Alanis Morissette agli onori delle cronache musicali mondiali, abbiamo chiacchierato proprio con la cantautrice canadese, oggi cinquantunenne, tra alti e bassi, momenti critici, famiglia e crescita spirituale e personale.
Con “Jagged little pills (disambiguation)”, che in realtà era il suo terzo album, nel 1995 lei è stata definita dalla critica «un’artista che aiuta tutte le ragazze a fare i conti con una verità femminista in un mondo di ipocrisia».
Con “Jagged little pills (disambiguation)”, che in realtà era il suo terzo album, nel 1995 lei è stata definita dalla critica «un’artista che aiuta tutte le ragazze a fare i conti con una verità femminista in un mondo di ipocrisia».

Ci si ritrova, a distanza di tempo?
«Direi di sì. I brani di quell’album erano l’esatta espressione di ciò che stavo vivendo. Avevo pochi soldi, tantissima passione, scrivevo canzoni in modo compulsivo ed ero arrabbiata. Inoltre, ero giovane, ma non giovanissima come le quindicenni alle quali quel critico si riferiva. Credo che molti, anche se qualcuno storse il naso, abbiano capito la freschezza, che era poi autenticità, del messaggio di quell’album... sì, mi rappresentava perfettamente».
Qualcuno storse il naso, ma l’album ospitò musicisti di grande talento che, anche grazie al suo legame con il produttore Glen Ballard, ne fecero emergere i lati positivi. Penso a “You oughta know”, in particolare.
«Avere in studio un chitarrista come Dave Navarro e un bassista come Flea (dei Red Hot Chili Peppers) fu una grande occasione. Riscrissero le parti del brano e il risultato fu sorprendente. Per questo, divenne il primo singolo dell’album».

Un album in cui tutte le canzoni erano praticamente delle hit.
«L’onestà delle tematiche dei brani, molto personali, credo sia stato uno dei motivi per cui tutti, in quel momento, ci si ritrovassero. Le ragazze, soprattutto, ma non solo. È capitato che, negli anni, qualcuno mi abbia detto “I testi di quelle canzoni mi davano fastidio”... ed io ho pensato “Benissimo!” perché è proprio ciò che volevo: scuotere intimamente le persone, che si ritrovassero oppure no. Erano storie di una giovane donna libera, alle prese con situazioni che la facevano soffrire, ma lei ribadiva con forza la sua identità. Cantavo parti di me perciò credo di aver dato una interpretazione molto sincera e spontanea».
Negli anni, il disco è stato celebrato, sono uscite diverse versioni ma spostandoci in avanti, a un certo punto ha voluto chiarire che i suoi orizzonti musicali erano più ampi. E un viaggio in India fece la differenza...
«Quel viaggio era un’esigenza dell’anima, dopo il grande successo. E cambiò le cose. Feci una colonna sonora, iniziai a recitare in teatro (celebre il suo ruolo nei “Monologhi della Vagina” di Eve Ensler, ndr). Molti non capirono, ma non mi interessava replicare “Jagged little pills”. Non avrebbe avuto alcun senso, per me».
E tre anni dopo uscì “Supposed former infatuation junkie”.
«Che vendette meno copie ma di cui, ancora oggi, vado fiera. E per “Thank U” e “So pure” ricevetti una nomination come miglior interprete femminile pop e rock ai Grammy Award».

Il video del brano, in cui lei appariva nuda, fu inizialmente censurato.
«Una cosa assurda e non solo perché i miei capelli coprivano le parti intime. Con Stéphane Sednaoui (che l’aveva già diretta in precedenza nel famoso video di “Ironic”, ndr) decidemmo che la nudità fosse il modo migliore per mostrare il messaggio del brano, gratitudine per tutti gli aspetti della nostra vita, belli e brutti, disposti ad accettare l’abbraccio di sconosciuti. Non potrebbe esserci un messaggio migliore di questo, in un momento in cui la guerra è più potente della fratellanza».
“Under Rug Swept”, che uscì nel 2002, segnò, in qualche modo, il suo desiderio di tornare nel mondo discografico.
«Ha avuto una genesi piuttosto lunga, ma a un certo punto avevo in mano tante canzoni tra le quali scegliere. Alla fine, sono stata contenta dell’accoglienza del disco».

La sua carriera sembra contraddistinta da momenti di pausa, ritorni tutt’altro che scontati, alti e bassi e nessuna voglia di ripetersi.
«Credo si essere stata coerente con me stessa e ne sono fiera. Ho attraversato molti momenti difficili, lavorando su me stessa - nel 2021, Alanis ha dichiarato al Sunday Times di essere stata violentata all’età di 15 anni: “Quasi tutte le donne nel mondo della musica sono state aggredite, molestate o stuprate; è un aspetto onnipresente, più nella musica che nel cinema. Se non avessi un intero team di terapisti da tutta la vita, non credo che sarei ancora qui”, ha confidato -. Ho formato una famiglia (dopo due relazioni con gli attori David Alan Coulier e Ryan Reynolds, ha sposato il rapper Mario John Treadway, ndr) e ho avuto tre figli meravigliosi, ma ho sofferto di depressione e di dipendenze da sostanze e da persone negative. Sono crollata e mi sono rialzata. Lo racconto nei miei brani, nei miei concerti, quando recito e persino nei miei podcast: affronto ogni genere di argomento, dall’arte alla psicologia (Conversation with Alanis Morissette è disponibile su Spotify, ndr). Non mi sento una maestra di vita, ho sempre creduto nella condivisione. Probabilmente è per questo che sono un’artista».