Brugneto, confronto tra Regioni ma con gli avvocati

Folla all'assemblea a Bobbio del Comitato Difesa Valtrebbia. Il consigliere regionale Albasi annuncia l'incontro tra Liguria ed Emilia-Romagna l'8 giugno

Elisa Malacalza
Elisa Malacalza
June 1, 2025|24 giorni fa
Qualcuno entra in municipio a Bobbio con la simbolica borsa custodita nell’armadio o in cantina dal 1993. Sulla tela ingiallita c’è una scritta stampata, “Senza il suo sangue la valle muore”. Stessi occhi di allora, capelli più bianchi: sono quelli che salvarono il Cassingheno, quelli che ogni giorno facevano la staffetta per occupare la diga del Brugneto e contavano uno ad uno i giorni della rivoluzione. Fu un successo, fu una scuola, c’erano tutti, compresi i sindaci della valle in fascia tricolore, come dicono le foto-ricordo in bianco e nero proiettate in sala, mentre le finestre vengono aperte tutte, perché c’è caldissimo e la gente si accalca agli ingressi, nei corridoi.
Al tavolo di chi parla, venerdì sera, ci sono Carlo Cerri, Maria Luisa Ballerini, Piera Ferrari Chiappini, Paola Quagliata. Con loro è rinato dopo 32 anni il Comitato Difesa Valtrebbia: è stato il comitato a invitare tutti all’assemblea pubblica per rompere il silenzio sul disciplinare scaduto della diga del Brugneto (quanta acqua ogni anno la Liguria deve dare alla Valtrebbia piacentina). E sono stati “i giovani del Cassingheno” a dire che, sottotraccia, invece si è mosso di tutto.
Prende la parola il consigliere regionale Lodovico Albasi, del Pd: «Tutto si era bloccato perché la convenzione va firmata dai presidenti delle Regioni, ed entrambe sono andate al voto lo scorso autunno», anticipa. «Nel periodo transitorio, comunque, si va avanti con il rilascio estivo di 2,5 milioni di metri cubi d’acqua degli ultimi sessant’anni. Ireti aveva provato a dire “Gestisco io tutto fino al 2032”, ma il ministero ha detto di no per fortuna».
Come ricordato da Cerri e come già riferito da Libertà, c’era stata addirittura dalla stessa Ireti la proposta di non dare più acqua a Piacenza, portando dati «per nulla credibili, e quella relazione, nonostante le nostre richieste non ci è mai stata data», precisa Cerri. Albasi, nel ricordare come tra l’altro non ci siano quasi più sorgenti, evidenzia lui pure un dialogo per niente facile con la Liguria: «Non risponde. Giovedì ci doveva essere un incontro tra le due Regioni, ma il giorno prima la Liguria ha rinviato ancora l’incontro. L’ultima data prevista è quella dell’8 giugno. Vedremo. Ci è già stato anticipato che entrambe le Regioni saranno all’incontro, ma con i propri avvocati. L’Emilia-Romagna spinge per avere dai sei milioni di metri cubi d’acqua ogni estate, in su».
Si va ai ferri corti, se la Liguria non ammette il fabbisogno di Piacenza, che non è fatto solo di agricoltura ma anche di turismo, «su cui vive il 70 per cento delle attività dei comuni rivieraschi», ricordano a gran voce gli amministratori presenti, da Bobbio, Travo, Rivergaro. Aggiunge Albasi: «La buona notizia è che l’Autorità di Bacino mercoledì ha sospeso la Conferenza dei servizi. Genova ha tutto l’interesse a chiudere la partita rapidamente ma noi no, finché non c’è un accordo reale». «Un accordo che non è solo politico ma un obbligo di legge», rilancia Cerri tra gli applausi.
Ci si riaggiorna a fine giugno: intanto, l’obiettivo è ottenere i dati che tutti chiedono. Cioè quanta acqua serva davvero a Genova, ora che l’Ansaldo e la Italsider non devono più usarla per il raffreddamento, ora che l’acquedotto è interconnesso, e non è più a colabrodo. «Il nostro Trebbia lo si attraversa a piedi, prima lo si poteva fare solo a nuoto. Qui si rischia la morte biologica del fiume», è il pensiero di tanti, prima di sciogliere l’assemblea con un appello: «Immaginiamoci dalla stessa parte, noi piacentini, stiamo uniti», chiosa Cerri.
I sindaci Roberto Pasquali, presidente dell’Unione montana, e Roberta Valla, di Travo, che parla anche a nome di Maria Lucia Girometta di Ottone, alzano la mano insieme al vicesindaco di Rivergaro Gabriele Scagnelli: «Ci siamo, l’unione fa la forza, il Trebbia è di chi ci è nato e ci vive». Poi alla snocciolata si esce dalla sala: si sente qualcuno dire “Andiamo a Torriglia. Torniamo a Torriglia”. Forse nessuno è mai davvero sceso dalle barricate per il Cassingheno.