Gli alberi in città forniscono servizi eco sistemici rilevanti

Il piacentino Massimo Turci, esperto in arboricoltura e antropologo, sottolinea l'importanza delle piante per la nostra vita

Dea De Angelis
|19 giorni fa
Cedro del Libano in giardino pubblico - © Libertà/Dea De Angelis
Cedro del Libano in giardino pubblico - © Libertà/Dea De Angelis
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Perché vogliamo alberi in città? «Perché forniscono eco servizi ambientali importantissimi, oltre al “rapimento” dell’anidride carbonica in atmosfera» spiega il piacentino Massimo Turci, esperto in arboricoltura con una laurea in antropologia culturale. Secoli di storia dell’uomo per creare muri sempre più alti tra noi e la selvaggia natura per capire nel terzo millennio che dalla natura è impossibile allontanarsi o distaccarsi. Si parla infatti sempre più spesso di riforestazione urbana, che - tradotto - significa rivalutare l’esigenza fisica e mentale di avere intorno a noi alberi, animali e cieli stellati. Gli eventi climatici estremi - ahinoi - sempre più frequenti e minacciosi, esigono attenzione e monitoraggio del patrimonio verde arboreo urbano. Non esiste solo un gusto estetico nello scegliere di piantare un albero piuttosto che un altro o per valutarne la resilienza a minacce di stabilità. «Siamo spesso convinti che un albero con una perfetta simmetria sia più stabile e sano di un albero asimmetrico, con rami spezzati su un lato per intenderci - prosegue Turci -. Non è così. Mi occupo di arboricoltura da tempo ormai, oltre alla diagnostica di un albero, eseguo anche la parte operativa, intervengo sulla pianta. Certamente il primo approccio per capire la biomeccanica di un albero ad alto fusto sottoposta a stress ambientali, è visivo, ma non basta. Si studia la struttura del legno dal fusto al colletto (la base), dal cestello (dove si inseriscono i rami al fusto) alle branchie (i rami)».
Tomogramma al colletto (la base) in dettaglio le aree che presentano legno intermedio (colore giallo-arancio) e le aree destrutturate (di Massimo Turci)
Tomogramma al colletto (la base) in dettaglio le aree che presentano legno intermedio (colore giallo-arancio) e le aree destrutturate (di Massimo Turci)
«I rischi di stabilità di un albero seguono parametri diversi in base al contesto: città o bosco - continua -. La resistenza al vento viene misurata per esempio a due velocità: 90 km/ora se “vento di zona”, 119 km/ora richiesto invece per legge dall’edilizia. Questa estate, in seguito ad un’analisi strutturale, abbiamo fatto abbattere un cedro dell’Atlante a Piacenza, in corso Europa. Mentre a inizio primavera abbiamo fatto ricerca di stabilità di “Nonna Quercia” a Castelsangiovanni. Spesso sono gli interventi di potatura che esegue l’uomo a rendere una pianta - nel tempo - meno stabile».
Ma come valuta un arboricoltore la stabilità di un albero? La tomografia sonica è un metodo di analisi moderno che analizza la qualità interna del legno mediante l’impiego di onde sonore. Il tomografo consente di esaminare diverse sezioni di tronco: sofisticati sensori, fissati al tronco, producono un’onda sonora che viene rilevata. Si misura la velocità di propagazione del suono all’interno del legno rilevando così la presenza di eventuali anomalie interne. «Fatti anche i test di trazione, conclusa la diagnosi - conclude Turci - si abbattono gli alberi solo quando necessario per la pubblica sicurezza, sia in aree verdi pubbliche che private. Si consideri - come per le prove meccaniche fatte con la lattina di coca-cola vuota sottoposta a pesi – che un albero anche se internamento quasi cavo e più sono vecchi più sono cavi, può resistere benissimo a venti, tempeste o auto che ci vanno a sbattere».