L'assistenza a casa non c'è. «Ma è un diritto di Federico»
Da quattro mesi il piccolo, nato con al sclerosi tuberosa e residente a Villanova, non può contare sull'educatrice domiciliare. "Le norme ci sono, mancano i soldi"
Valentina Paderni
|13 ore fa

Federico ama dipingere. La sua è la storia di un diritto negato
Da più di quattro mesi Federico non ha un’educatrice domiciliare che possa supportarlo nel suo percorso. Federico ha nove anni ed è nato con la diagnosi di sclerosi tuberosa, una malattia genetica rara che compromette diversi organi e ha un’estrema variabilità di manifestazioni cliniche.
Il Progetto di vita individuale (introdotto dalla legge 328/2000) che è stato attivato su richiesta della famiglia, prevederebbe per lui l’assistenza domiciliare educativa per sei ore a settimana. Ma il Comune di Villanova, dove risiede la famiglia del bimbo, ne ha concesse solo 4 per settimana e mamma Maria Chiara Toscani e papà Diego Maffini hanno accettato il compromesso pur di non rimanere scoperti. Eppure, dallo scorso agosto, sono rimasti ugualmente senza servizio.
«È stata recentemente proposta una psicologa, che, dopo una settimana di servizio, ha deciso di abbandonare l’incarico - spiega Toscani. - Per stare accanto a mio figlio, che potrebbe andare incontro a improvvisi crisi epilettiche, serve un educatore professionista preparato con almeno un corso base di primo soccorso, che sappia agire in caso di emergenza, anche nella somministrazione eventuale di un farmaco salvavita. Sono invece competenze che non vengono garantite da nessuna cooperativa. Gli educatori, oltre a dover essere pagati adeguatamente, dovrebbero avere una formazione completa. Nessun genitore affiderebbe i propri figli a un "dilettante allo sbaraglio"».
Al fianco della famiglia, c’è l’avvocato Laura Andrao, che da circa 20 anni, da quando ha inizio la sua carriera, ha scelto di dedicarsi alla tutela dei diritti delle persone e delle famiglie che convivono con una disabilità. Spiega Andrao: «Ogni progettazione, che porta ad avere a un tavolo di lavoro tutte le figure che ruotano attorno alla sfera familiare, sanitaria, scolastica e sociale della persona con disabilità, deve partire con una mappatura dei bisogni dell’individuo. Le necessità di Federico sono state definite in modo approfondito: si sa quali competenze dovrebbe avere l’educatore che segue il bambino a domicilio. In questo caso non è stata selezionata la figura adeguata, mettendo a rischio la vita del bambino. Non c’è stato ascolto. Non c’è l’erogazione di un servizio che è dovere dell’amministrazione pubblica garantire».
La figura dell’educatore domiciliare è di fondamentale importanza non solo per Federico ma anche per gli altri componenti della famiglia. Le poche ore che Federico potrebbe trascorrere con un educatore professionista preparato, sarebbero poche ore di sollievo anche per la mamma Maria Chiara e il fratellino Andrea. La spinosa questione dei caregiver, di coloro che si occupano h24 di un disabile è attenzione recente di diverse pagine di cronaca, dopo la rivelazione del contenuto del disegno di legge, proposto dalla ministra Alessandra Locatelli, che sarà discusso il prossimo anno in Parlamento.
Sottolinea l’avvocato Laura Andrao: «Il caregiver è una forza silente alla ricerca delle 25esima ora di sonno. Non dorme. Non si può permettere di andare a lavorare. Non ha una vita sociale e se tutti i caregiver incrociassero le braccia, lo Stato non avrebbe la forza economica per sostituirli. Al caregiver non serve una legge, la normativa è già completa, serve un portafogli. E poche centinaia di euro al mese non sono la soluzione. Deve essere garantito un contribuito economico reale in favore dei caregiver che sono soprattutto donne».
Tra queste anche la mamma di Federico che precisa: «Mio figlio è la mia priorità. Ho abbandonato il lavoro per seguirlo ed è una scelta che rifarei. Ma rimango anche una donna e devo poter mantenere dignità, integrità e salute mentale».

