Violenze contro il personale sanitario, 17 casi nell'ultimo anno
Nel focus de I mercoledì della medicina si è affrontato un tema drammaticamente attuale. Vercelli (Pronto soccorso): non c'è tempo per segnalare e la gente è rassegnata
Pier Paolo Tassi
June 12, 2025|14 giorni fa

Il convegno in Fondazione moderato dal direttore di Libertà Gian Luca Rocco - © Libertà/Pier Paolo Tassi
Nell'ultimo anno, dal luglio '24 a giugno '25, diciassette casi di violenza contro il personale sanitario, di cui 15 aggressioni verbali e 2 aggressioni fisiche.
Numeri drammatici che pur fanno di Piacenza un’isola a suo modo felice, una goccia nell’oceano di quella che a livello nazionale è però ormai una vera e propria emergenza: 18 mila aggressioni ai danni di oltre 22mila operatori sanitari (nel 60% dei casi donne tra i 30 e i 49 anni) con un aumento del 15% rispetto al 2023, come recitano i report regionali diffusi dal dottor Fabio Fornari. E con una concentrazione maggiore nei reparti a “rischio”: pronto soccorso in primis, poi reparti psichiatrici e aree di degenza.
Eppure l’attenzione, anche nella nostra provincia, deve restare alta. Specie perché il periodo post-pandemico ha contribuito a riscrivere le coordinate di un rapporto, quello tra sanitari e pazienti, che risulta sempre più degradato. Corrotto da intemperanze e pretese a volte irricevibili, in un contesto – confermato anche dal presidente dell’ordine dei medici Augusto Pagani «di grande difficoltà del sistema pubblico, nei confronti del quale servirebbe una cura drastica, ma anche tanta comprensione».
Di questi temi si è parlato ieri pomeriggio nel terzo e ultimo appuntamento della rassegna “I mercoledì della medicina” a Palazzo Rota Pisaroni, organizzato dallo stesso Ordine con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano e moderato dal direttore di Libertà Gian Luca Rocco. «I casi di violenza certificata sono pochi sia perché c’è poco tempo per segnalarli sia perché c’è un clima di generale rassegnazione – precisa Andrea Vercelli, direttore del Pronto Soccorso di Piacenza -. Ma sufficienti per distinguere tre tipi di condotta violenta: quella più propriamente delinquenziale; quella legata a disturbi psichici o all’assunzione di sostanze stupefacenti e, infine, l’aggressività verbale (la più diffusa), in cui emerge una discrepanza tra il bisogno dei pazienti e la capacità della struttura ospedaliera di darne risposta adeguata». In quest’ultimo caso – ammette il dottor Vercelli – a volte c’è anche un concorso di colpa: le violenze possono essere espressioni di una forma di disagio latente, di una situazione di vulnerabilità sociale che poi sfocia in un bisogno sanitario magari inesistente, ma che se non altro va compreso». .