Ultima stazione spaghetti western: «Un duello di ricordi e di pistole fumanti»
Rivive l’epoca d’oro di Ringo, Django, Sartana e Sabata. Franco Nero: «Al cinema c’è ancora bisogno di eroi»

Michele Borghi
June 11, 2025|14 giorni fa

Franco Nero alla reunion romana dedicata allo spaghetti western
Sala strapiena per gli stati generali dello spaghetti western all’Institut Français Centre Saint Louis di Roma. Attorno alla proiezione di “7 dollari sul rosso”, il super classico del 1966 con il leggendario Anthony Steffen, in versione restaurata 4K, la Capitale ha ospitato una serata leggendaria intitolata “Ultima stazione western”. Reunion che, a detta di molti, avrebbe fatto impazzire il maestro Quentin Tarantino, noto estimatore del nostro cinema di genere.
«Tutto è iniziato un anno fa, in quel di Pietrastornina, in provincia di Avellino, tra un bicchiere di whisky (o forse era vino?) e un’idea folle condivisa con Davide Mancori, direttore artistico dell’Aic - Associazione italiana autori della fotografia cinematografica, e con il divulgatore culturale Francesco Romano - esordisce il regista Manuel de Teffé, figlio dell’attore Steffen, al secolo Antonio de Teffé -. Con la stessa grinta di un pistolero che sfida il tramonto abbiamo giurato: riuniamo la grande famiglia del western all’italiana!»
Per celebrare l’epoca d’oro dei vari Ringo, Django, Sartana e Sabata (e sparare aneddoti e ricordi come proiettili d’argento), al saloon-teatro del Centre Saint Louis sono arrivati il grandissimo Franco Nero; il regista Sergio Martino, che ha diretto “Mannaja”, ultimo western girato nel villaggio dei mitici teatri romani Elios; Eugenio Alabiso, montatore di Sergio Leone; il regista di “Johnny Yuma”, Romolo Guerrieri. E poi, la produttrice Sandra Zingarelli, il compositore Franco Micalizzi, autore della colonna sonora di “Lo chiamavano Trinità”; il regista Marco Tullio Barboni, secondo aiuto regista del film “Lo chiamavano Trinità”; la produttrice Carlotta “Charlye” Bolognini; l’attrice Gabriella Giorgelli e l’attore Pippo Franco che ha composto le musiche del western “L’odio è il mio Dio” del 1969.
Sul palco, a condurre il rodeo di parole e “amarcord”, il frizzante Andrea Schiavi, volto noto per il programma “Stracult” su Raidue, stavolta autentico pistolero del microfono che ha cavalcato la serata con la maestria di un Django dei talk show.
Una banda di fuorilegge del cinema che ha fatto mirabilmente galoppare l’uditorio indietro nel tempo, quando le pistole cantavano e le colonne sonore di Micalizzi fischiavano come il vento nel deserto. E poi, il grande Franco Nero, la cui voce profonda ha ruggito come un temporale sulla prateria.

«Il restauro di “7 dollari sul rosso”, film interpretato da mio padre Anthony Steffen, ha riportato in vita questo titolo cult con una nitidezza da far invidia a un’aquila del Far West. Immagini così pulite da sembrare di cavalcare fianco a fianco con Steffen stesso! Un applauso a Giorgio Simoni, curatore del recupero, che ha domato la pellicola diretta da Alberto Cardone come un cowboy doma un mustang selvaggio», scherza de Teffé, autore del romanzo “C’era una volta a Roma”, dedicato proprio al papà, protagonista di decine di western di successo.
Non sono mancate le emozioni da lacrima al tramonto: Anita Madaluni ha ricordato il mito Nino Benvenuti, da poco partito per l’ultima cavalcata, pugile ma anche pistolero con Giuliano Gemma. Mentre Sergio Salvati, maestro della fotografia, ha ricevuto un abbraccio collettivo che valeva più di un tesoro sepolto.
In prima fila tanti volti amici del nostro cinema: dal compositore e regista Cesare Rascel agli attori e stuntman Ottaviano Dell’Acqua, Massimo Vanni, dal direttore della fotografia Nino Celeste, dall’attrice Mirella D’Angelo al presidente dell’Archivio generale cinematografico italiano, Graziano Maraffa. I ragazzi del “Camposecco Far West - Bud Spencer & Terence Hill”, hanno portato un po’ di polvere e risate degne della storica coppia.
Nessun “effetto nostalgia”, solo il gusto di ascoltare i racconti di chi ha vissuto quel Far West di celluloide, tra duelli, carovane e colonne sonore che ancora oggi fanno tremare la prateria. D’altronde la serata è stata organizzata proprio per ricordare i protagonisti del cinema di ieri e per riflettere sull’interesse che, ancora oggi, continua a esserci nei confronti del genere western.

Il divo parmigiano Franco Nero l’ha detto chiaramente: «Il cinema western è sopravvissuto agli altri generi. Il personaggio a cavallo, il cowboy che combatte i cattivi, è sempre stato considerato un eroe. E queste figure “mitologiche”, in questo momento storico, attraggono maggiormente il pubblico visto che i veri eroi al cinema scarseggiano. Si stanno girando piccole produzioni, spesso indipendenti, e sono in costruzione diversi villaggi che si preparano ad ospitare le riprese. Nel Lazio, in Umbria, in Abruzzo e in Puglia il mito del cavaliere solitario continua a galoppare nei cuori del pubblico».
È stata una serata di risate, emozioni e polvere alzata da cavalli immaginari, «una reunion di pistoleri, registi e sognatori. Grazie a tutti, dal palco alla sala, e un ultimo colpo di speroni a Giorgio Simoni e all’Associazione Camposecco Far West per averci aiutato a rendere questo tramonto indimenticabile - conclude de Teffé - Il mio libro “C’era una volta a Roma” è stato il nostro campfire, un omaggio non solo a mio padre ma a quel west all’italiana nato tra i vicoli di Roma, quando i registi sfidavano il destino con una cinepresa in mano e un sogno nel caricatore. Il western all’italiana non muore mai, e spero che questa pagina di “Libertà” faccia sentire agli appassionati lettori il vento del deserto e il sapore della polvere da spaghetti western».