Il primo Ciak non si scorda mai: «40 anni volati come un film»
Ritorniamo nel maggio 1985 con il giornalista e critico Valerio Guslandi: Harrison Ford in copertina, le critiche con le “faccine”, il successo delle cartoline

Michele Borghi
May 21, 2025|35 giorni fa
Film nelle sale, film in televisione e film in videocassetta. Già in balìa di venti e maree, alla vigilia di una profonda trasformazione, il cinema italiano avvista all’improvviso un faro in edicola. Maggio 1985, esce il primo numero di “Ciak si gira”. Un doppio Harrison Ford (fuori concorso sulla Croisette con “Witness - Il testimone” e su Canale 5 con “I predatori dell’arca perduta” in 1ª tv) fa l’asso pigliatutto in copertina.
Il mensile «nato da una costola di Tv Sorrisi e Canzoni», come ripeteva “biblicamente” il direttore Gigi Vesigna, trova subito il suo pubblico. Diventa popolare, riconoscibile. Scommessa vinta, insomma, per un progetto editoriale nato a Milano all’ombra della Madonnina, in corso Europa, lontanissimo da Cinecittà, e realizzato in tempo record. Appena quattro mesi dopo il «facciamolo!» pronunciato dell’editore Silvio Berlusconi, conferma il critico e giornalista cinematografico Valerio Guslandi, storica firma di Ciak: «Con la corazzata “Sorrisi” alle spalle, l’impresa si rivelò assai meno complicata del previsto. Primo numero chiuso alla vigilia di Cannes».
Quale fu la principale sfida azzeccata dopo l’approdo di Ciak nelle edicole, esattamente 40 anni fa?
«Secondo un mantra degli editori, realizzare in Italia un mensile popolare di cinema era una “mission: impossible”. I film uscivano in sala senza una precisa programmazione, c’erano i listini stagionali e poco altro. Oltre a conquistare il cuore di cinefili e appassionati, Ciak è riuscito a far cambiare mentalità̀ agli addetti ai lavori, ai distributori nazionali, che iniziarono a pianificare con più attenzione la stagione cinematografica, a mettere ordine nel calendario, come nel resto del mondo».

Siete stati i primi a fare pressing sulle major chiedendo di allungare la stagione cinematografica con titoli forti anche d’estate...
«Battaglia sacrosanta. Vesigna ci credeva moltissimo. Lo ribadì̀ tra le righe del suo primo editoriale, scrivendo che Ciak avrebbe incalzato il cinema per affrontare insieme la crisi che già a quel tempo iniziava a mordere ».
Geniale l’idea di usare le “faccine” nelle schede critiche, tra l’altro anticipando il boom delle emoji...
«Fu un’intuizione di Vesigna, che voleva qualcosa di alternativo alle stellette dei giornali. C’era la faccina felice per il bel film, quella arrabbiata per la stroncatura e quella media per le pellicole così̀così. Siccome tre emoji non bastavano, abbiamo provato a un certo punto ad adottare qualche variante, raddoppiando quelle positive e quelle negative».
A proposito di recensioni, ricorda qualche arrabbiatura clamorosa?
«Non sempre autori e attori la presero bene, ma faceva parte del gioco. Nel 1986 capitò invece di far innervosire addirittura il mostro di Firenze! Arrivò̀ in redazione una lettera scritta a mano del sedicente serial killer che ci intimava di lasciar perdere la vicenda. La busta era indirizzata a me, perché́ nel numero in edicola avevo recensito io l’instant movie sui delitti del mostro, diretto da Cesare Ferrario. La consegnammo in questura per scrupolo, ma non abbiamo più̀ saputo niente. Penso sia stata archiviata dagli investigatori come opera di un mitomane».
Nella sua lunga carriera a Ciak, da praticante a caporedattore centrale, ci sarà qualche biglietto di ringraziamento, un messaggio inaspettato...
«Conservo gelosamente la videocassetta di “Full metal jacket” autografata da Stanley Kubrick. Nel 1993 Ciak per i periodici e il Corriere della Sera per i quotidiani furono le uniche testate autorizzate dal maestro, notoriamente super esigente, ad occuparsi dell’uscita italiana in vhs. La pagina che curai nella sezione home video evidentemente piacque al regista che, tramite Warner, mi fece arrivare il magnifico regalo. Ma apprezzai molto anche il biglietto che mi inviò Manuel De Sica per ringraziarmi della recensione alla colonna sonora de “Il giardino dei Finzi-Contini” uscita in ristampa».

Tra i personaggi intervistati, invece, chi ama ricordare?
«Renato Guttuso mi aprì̀ le porte del suo “buen retiro” di Velate, nel Varesotto. Avevo 29 anni ed ero emozionato all’idea di incontrare un grandissimo artista. Se ci penso sorrido ancora perché, rientrato a casa, mia madre sbottò : “Ma non ti sei fatto dare nemmeno un quadro?”. A parte questo aneddoto, lui fu amabile, un fiume in piena. Adorava il bianco e nero e i capolavori di Georg Wilhelm Pabst (regista austriaco maestro del cinema realista, ndr). Gusti non proprio in linea con quelli dei nostri giovani lettori… L’ultimo film che aveva visto in sala era “FF.SS” di Renzo Arbore di due anni prima, mentre sognava un “Inferno” tratto da Dante per la regìa del suo amico Federico Fellini! Ricordo poi Sophia Loren, incontrata in occasione del restauro di “Una giornata particolare”: mi colpì̀ per la disponibilità̀ e la semplicità̀ che da una diva non ti aspetteresti. A Mike Bongiorno riuscii invece a strappare un’intervista telefonica. All’inizio stava molto sulle sue, poi si aprì̀ raccontando retroscena gustosi. Sul grande schermo interpretò soprattutto se stesso e non mi sembrò̀ molto soddisfatto. Ne uscì̀ un ritratto dell’ambiente cinematografico non proprio idilliaco. Devo dire che ebbi molta fortuna: il microfono incollato alla cornetta non registrò̀ nulla, ma siccome ho l’abitudine di trascrivere le interviste anche su carta evitai il pericolo di dover rifare tutto da capo. Chissà cosa avrebbe pensato Mike!».
E più recentemente chi l’ha fatta divertire o almeno sorridere?
«Conversare con Gerry Scotti è̀ sempre molto gradevole, è preparatissimo sul cinema. Lo stesso vale per Paolo Bonolis, che ho incontrato quando interpretò̀ “Commediasexi”. Il compianto regista Alessandro D’Alatri nel 2006 gli ritagliò̀ su misura un ruolo da moderno Alberto Sordi. Paolo è̀ stato brillante e disponibile: gli proposi di organizzare l’intervista seguendo la falsariga del suo talk show di Mediaset dell’epoca, “Il senso della vita”, con domande secche riguardanti il cinema e i suoi protagonisti e lui rispose da grande conoscitore».
C’è̀ una copertina che meriterebbe il premio Oscar per il record di vendite?
«Sono due le statuette da assegnare. La prima a Leonardo DiCaprio che ha sempre fatto vendere molto. Il record è̀ tutto suo. Abbracciato a Kate Winslet per il lancio di “Titanic”, Leo ci ha fatto volare oltre le 125mila copie nel gennaio 1998, con la direttrice Piera Detassis che riportò il giornale ai tempi entusiasmanti dei primi anni. Il secondo premio è orgogliosamente italiano e nel segno di Totò: ai lettori piacque la copertina celebrativa con il principe Antonio De Curtis sorridente, in bianco e nero, sul numero di aprile 1987, a vent’anni dalla scomparsa».

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«Un bellissimo settembre. Nel 1985 mi ritrovai per la prima volta inviato alla Mostra. Fra gli altri intervistai l’appena 18enne Sandrine Bonnaire, attrice francese rivelazione in “Senza tetto né legge”, mentre una nostra giuria di lettori assegnava i premi ai film in concorso. Era in pratica il debutto del Ciak d’oro, il premio assegnato dai lettori alla stagione cinematografica italiana, che ufficialmente prese il via l’anno dopo».
Nel mito sono entrate le cartoline con i manifesti dei film, da staccare e collezionare. “Conservatele con cura, valgono da sole il prezzo del giornale”, c’era scritto sul primo numero...
«Tutto vero, anche per quanto riguarda il loro valore. Non a caso, ciclicamente, il manager di turno ne annunciava la soppressione per contenere i costi. Sarebbe stato puro autolesionismo, infatti le schede sono sopravvissute fino ai giorni nostri. Un vero travaglio fu invece trovare il raccoglitore da regalare ai lettori: a lungo annunciato, dopo molta attesa e qualche protesta dei collezionisti, uscimmo con un box cartonato un po’ fragile... diciamo così̀. Nel frattempo, i lettori si erano arrangiati creando classificatori fai-da-te, con le scatole da scarpe. Quando a fine 2026 Ciak festeggerà 500 numeri le schede pubblicate saranno la bellezza di 4000, un autentico museo del manifesto cinematografico».
Molto gustosi anche i gadget...
«Ce ne sono stati tanti: all’inizio regalammo delle carte da gioco con le caricature degli attori e dei mini volumi sui divi che si potevano tenere in tasca. Più avanti, una collezione di libri che affrontavano i generi e le tendenze, un periodico glamour, Ciak Celebrity, e la collezione di dvd introvabili o non ancora distribuiti».
Non avete trascurato nessun aspetto del mondo cinematografico…
«Ciak ha saputo accompagnare e consigliare il lettore, seguendo i gusti che si evolvevano a ogni cambio di generazione. Quarant’anni sono tanti per un giornale, tantissimi per un periodico specializzato che già per sua costituzione viene considerato “di nicchia”. Farne parte è stata un’avventura bellissima, un sogno che si è avverato per me che il cinema lo avevo amato sin da bambino. Se oggi fossimo nel 1985 mi sembrerebbe incredibile pensare di farne ancora parte nel 2025!».