L’universo femminile è un gioco di specchi negli sguardi dei maschi

“Io la conoscevo bene” di Pietrangeli compie sessant’anni: Sandrelli indimenticabile protagonista nel ruolo di Adriana

Leonardo Chiavarini
July 9, 2025|34 giorni fa
Stefania Sandrelli protagonista del film "Io la conoscevo bene"
Stefania Sandrelli protagonista del film "Io la conoscevo bene"
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Nell’intera storia del cinema italiano non esiste un regista che sia stato in grado di raccontare le donne al pari di Antonio Pietrangeli. L’autore romano, che raggiunse l’apice del successo negli anni ‘60 e morì prematuramente nel ‘68, travolto da un’onda anomala a largo di Gaeta, dedicò la quasi totalità della sua produzione filmica all’universo femminile. Un universo indagato con una sensibilità e una delicatezza che ancora oggi fanno scuola. Si potrebbe scrivere a lungo di Pietrangeli, figura eclettica del ‘900: giovane medico, convertitosi al giornalismo, poi alla critica cinematografica e, infine, approdato alla sceneggiatura e alla regia. Questa pagina, però, parlerà di lui indirettamente, attraverso “Io la conoscevo bene” (1965), il più celebre dei suoi film, che in questo 2025 compie 60 anni.
Una scena da "Io la conoscevo bene"
Una scena da "Io la conoscevo bene"
Prodotto dalla Ultra Film, “Io la conoscevo bene” è il decimo lungometraggio diretto da Pietrangeli, che ne firma anche la sceneggiatura insieme al leggendario duo composto da Ruggero Maccari ed Ettore Scola. Alla regia sperimentale, anticlassica, che si anima di angolazioni eccentriche, vorticose panoramiche, grandangolari deformanti e sfrutta macchina a mano e zoom, si unisce una narrazione frammentata, svincolata dai rapporti di causa-effetto e continuamente frantumata da flashback ed ellissi. Pietrangeli stesso paragona l’insieme delle varie scene alle «tessere di un mosaico, che non hanno rapporto l’una con l’altra, ma tendono allo stesso risultato».
Per la parte principale, quella della giovane e sventurata Adriana Astarelli, il regista si impone sulla produzione e sceglie Stefania Sandrelli, che, al suo primo ruolo da protagonista, è preferita a nomi più noti come Natalie Wood, Silvana Mangano o Brigitte Bardot. Sandrelli si rivela una scelta vincente: nei suoi sguardi, spesso rivolti allo spettatore, vive la gamma sfumata e complessa delle emozioni di Adriana. Il suo placido mistero.
E l’ossimoro non giunge casuale: Adriana, a un primo sguardo, potrebbe sembrare null’altro che un personaggio superficiale, una bellezza vuota che punta al successo nello show business, una voce tanto stridula quanto povera di contenuti. Invece, nell’accumularsi delle sequenze, che, in ordine casuale, raccontano qualcosa della vita pubblica e privata di Adriana, si svela, a poco a poco, una figura complessa.
Una donna fragile, continuamente delusa dalla vita, impoverita dagli sguardi dei suoi simili e alla ricerca di un proprio sguardo su sé stessa. “Sguardo/i”, si è già scritta tante volte questa parola, ma è inevitabile: “Io la conoscevo bene” è uno di quei film che vive di occhi che si incontrano. Ci sono gli occhi degli uomini, i tanti maschi, che si servono di Adriana, che proiettano su di lei, sul suo corpo, uno sguardo prevenuto e interessato; poi c’è proprio Adriana che, nella miriade di specchi (oggetto feticcio del cinema di Pietrangeli) cerca sé stessa, al di là di come gli altri la vogliono e, forse, anche di come lei si vuole; ci siamo pure noi, gli spettatori, che, come capitati per caso sulla scena, osserviamo le disavventure di Adriana; e infine c’è l’occhio del regista e dell’uomo Pietrangeli che, con acume e tenerezza, ci invita a sospendere il giudizio e ci aiuta a guardare questa donna al di là delle apparenze e delle conclusioni facili, al di là di quella frase pretenziosa, presente fin dal titolo: “Io la conoscevo bene”.
Una scena da "Io la conoscevo bene"
Una scena da "Io la conoscevo bene"
Forse, il film sta proprio tutto qui: nella volontà di dire, non con tono urlato, ma sussurrato, che una persona non può essere risolta in uno sguardo e che tanti sguardi, superficiali e violenti, possono anche uccidere. Poi, che la vittima di questo “gioco” sia una donna, non è certo un caso: Pietrangeli denuncia una forma di violenza di genere più subdola, in grado di insinuarsi tra le conquiste sociali degli anni ‘60, e, anzi cavalcarle e sopravvivere ancora oggi.