Marshall, l’highlander del volley riparte dall'A2 (e ricorda Piacenza)
Leo Marshall riparte a 46 anni da Catania e guarda a Piacenza: «I giovani ci sono, ma serve continuità. Non si può cambiare tutto ogni anno»

Marcello Tassi
July 30, 2025|11 giorni fa

Una foto recente di Marshall
All’ombra delle palme di Cuba, dove si sta godendo qualche giorno di meritato relax, Leonel Marshall si prepara a una nuova avventura. Ma guai a pensare che il suo stacco esplosivo - quello che infiammava il PalaBanca di Piacenza - sia svanito col tempo. No, lui salta ancora altissimo. A settembre compirà 46 anni, eppure il suo fisico e la sua fame sono quelli di un ragazzino. L’highlander del volley non ha intenzione di smettere. E dopo le ultime tre stagioni vissute a Ortona, eccolo ripartire da Catania in Serie A2, con l’entusiasmo di sempre.
Che effetto fa ripartire a 46 anni? «Giocare mi diverte ancora tantissimo. Finché il corpo mi segue, vado avanti. La A2 è tosta, ma meno stressante della Superlega: niente Champions, meno trasferte lunghe. A Ortona ho trovato un ambiente famigliare, come piace a me. Ora a Catania vogliono crescere e mi hanno chiesto di fare da guida. Ho accettato perché ho ancora entusiasmo e tanta voglia di divertirmi».
Il segreto per arrivare così in forma alla sua età? «Disciplina. In campo, ma soprattutto fuori. Niente eccessi, nemmeno in vacanza. Mi alleno tutto l’anno, anche d’estate, perché mi fa stare bene. Quest’anno stavo quasi per smettere, ma poi mi sono detto: sto bene, non ho dolori, perché fermarsi? Questo è più di un lavoro, è passione pura».
Segue ancora la sua Piacenza? «Sempre. Piacenza per me è casa. La famiglia Curti ha fatto tantissimo per tenere la squadra ad alti livelli, ma un consiglio lo darei: cambiare troppo ogni anno non aiuta. Ai miei tempi con Molinaroli si era creato un gruppo unito e con quello spirito riuscimmo a vincere, tra le altre cose, lo storico scudetto. Certo, i grandi nomi aiutano, ma per vincere davvero ci vuole coesione».
Che Gas Sales vede quest’anno? «Ci sono giovani interessanti, possono sorprendere. L’esempio è la Lube: con tanti cambi lanno scorso ha vinto Coppa Italia e sfiorato lo scudetto. Se Piacenza riesce a creare una base stabile, può aprire un ciclo. Ma serve pazienza. I risultati non arrivano subito».
Un pensiero sul rinnovo del suo amico Simon. «Un colpo eccezionale. Robertlandy è un fenomeno, ma soprattutto una persona d’oro. Umile, disponibile, amico di tutti. È un riferimento per i giovani, un vero leader. È questa la differenza tra un campione e un semplice giocatore. La dirigenza ha fatto bene a riconfermarlo».
Tra gli schiacciatori di Piacenza, chi l’ha colpita di più? «Mandiraci. Ha un potenziale enorme: salta tantissimo, ha una battuta potente, può diventare uno dei migliori della Superlega».
A proposito di schiacciatori: cosa ha rappresentato Piacenza per lei? «Tutto. Ho vinto lo scudetto nel 2008/2009, la Coppa Italia, la Supercoppa. Siamo arrivati due volte in finale di Champions. Era un gruppo incredibile, c’era cuore, rispetto, unione. Il pubblico era pazzesco: mi sentivo a casa. Piacenza mi ha dato tanto e io ho dato tutto me stesso per quella maglia».
Un palmarès da leggenda, ma è ancora fame quella che la spinge? «Sempre. Ho vinto tanto, anche in Turchia con Fenerbahçe e Arkas Izmir. Ma ogni volta che torno in palestra sento quella scintilla. Il giorno in cui non la sentirò più, smetterò. Ma oggi no. Oggi mi alleno. Domani salto. Come sempre».
