"Vivere nel verde riduce ansia e depressione": gli esiti di uno studio
Anche il ricercatore piacentino Elia Vajana nel team internazionale

Nicoletta Marenghi
July 22, 2025|14 giorni fa

Vivere vicino a un’area verde può farci sentire bene, mentre nei pressi di un’area inquinata può procurarci ansia o depressione. Questa affermazione – che può essere considerata il frutto di comune buon senso – è stata tuttavia provata scientificamente da una recente ricerca condotta in collaborazione tra il Centro Ospedaliero Universitario Vodese (Chuv) e la Scuola Politecnica Federale di Losanna (Epfl), in Svizzera. Lo studio, supervisionato dal professor Bogdan Draganski e dal dottor Stéphane Joost, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Environmental Research. Del team internazionale di ricercatori ha fatto parte anche il piacentino Elia Vajana che ha contribuito all’analisi dei dati. Basata su risonanze magnetiche e test psicologici consolidati, la ricerca si è avvalsa di un ampio campione di abitanti residenti a Losanna, comprendente oltre 2.600 adulti con età media di circa sessant’anni. «Abbiamo scoperto che le persone con alti livelli di ansia e basso funzionamento psicosociale erano, in media, concentrate in quartieri con una minore densità di vegetazione e un maggiore inquinamento atmosferico», si legge trai i risultati dello studio. Per saperne di più, abbiamo contattato Marco Vieira Ruas, primo autore della pubblicazione.

Qual era lo scopo principale dello studio e quali aspetti intendeva indagare?
«Utilizzando tecniche di analisi statistica geografica, abbiamo dapprima valutato l’esistenza di gruppi di individui caratterizzati da livelli simili di disturbi dell’umore, e quindi mappato le aree della città con i livelli più alti (o più bassi) di ansia e funzionamento psicosociale. Inoltre, abbiamo cercato di indagare se l’esposizione ambientale fosse associata ai disturbi dell’umore e al volume di specifiche regioni cerebrali; ad esempio, se i livelli di ansia e depressione (o i volumi cerebrali) variassero in base alla vicinanza di spazi verdi urbani. A tal fine, abbiamo combinato i dati sugli indirizzi di residenza, i disturbi dell'umore e le scansioni cerebrali, attingendo alle conoscenze esistenti sulla correlazione tra il volume di alcune aree cerebrali e salute mentale.»
Quali sono stati i principali risultati emersi e che tipo di relazioni sono state osservate tra ambiente urbano, umore e cervello?
«Abbiamo identificato chiari modelli geografici: ad esempio, nel centro città, dove l’inquinamento è più elevato, si riscontrano livelli di ansia maggiori rispetto a quelli delle persone che vivono nelle zone periferiche. Al contrario, i residenti dei quartieri più “verdi” manifestano livelli minori di ansia e depressione. Abbiamo anche denotato che la relazione tra struttura cerebrale e umore varia a seconda della zona della città in cui le persone vivono. Alcune condizioni ambientali coincidono cioè con variazioni nell’associazione tra cambiamenti strutturali del cervello e disturbi dell'umore. Ad esempio, l’esposizione a fattori come il rumore del traffico notturno è associata a cambiamenti nella relazione tra il volume di specifiche regioni cerebrali, come l’ippocampo, e il funzionamento psicosociale. È importante sottolineare come questi risultati debbano essere interpretati con cautela: essi suggeriscono sì una relazione tra fattori ambientali, struttura cerebrale e disturbi dell'umore, ma non dimostrano un diretto nesso di causalità, né spiegano i meccanismi cerebrali alla base di tali associazioni.»
Su quale campione è stata condotta la ricerca e con quale metodologia?
«Ci siamo basati sui dati di un cosiddetto “studio di coorte”, ovvero è una ricerca condotta su un gruppo di persone che condividono una o più caratteristiche comuni, e vengono seguite nel tempo. In questo caso, tutti i partecipanti provenivano dalla città di Losanna e avevano un’età compresa tra i 35 e i 75 anni quando lo studio è iniziato nel 2003. La partecipazione era volontaria, e nella prima fase sono stati arruolati più di 6.700 soggetti. Ogni cinque anni, i partecipanti sono stati sottoposti a valutazioni mediche e psicologiche, che ne hanno monitorato i cambiamenti nello stato di salute generale e mentale. Nel corso del tempo, alcune persone hanno abbandonato lo studio (o si sono trasferite) e non hanno quindi potuto essere incluse nelle fasi successive dello studio. In definitiva, la nostra analisi si è concentrata sui dati raccolti tra il 2014 e il 2018, e ha coinvolto circa 2.600 persone. Si tratta di un campione che può essere ritenuto ampio, e che rafforza i risultati del lavoro.»
Lo studio
Lo studio, intitolato “Large-scale georeferenced neuroimaging and psychometry data link the urban environmental exposome with brain health” ("Dati neuroimmagini e psicometrici georeferenziati su larga scala collegano l’esposoma ambientale urbano alla salute cerebrale") è il risultato di uno sforzo collaborativo condotto da Marco Vieira Ruas, il piacentino Elia Vajana, Ferath Kherif, Antoine Lutti, Martin Preisig, Marie-Pierre Strippoli, Peter Vollenweider, Pedro Marques-Vidal, Armin von Gunten, Stéphane Joost and Bogdan Draganski.