I cinquant'anni con la lingua fuori di un mito a pois rossi

Dai fumetti ai disegni animati, e non solo, mezzo secolo di successi per la protagonista di Altan più amata dai lettori in erba

Alessandro Sisti
|12 giorni fa
La Pimpa
La Pimpa
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Romolo e Remo erano solo in due, per cui la lupa non deve aver fatto troppa fatica ad allevarli, e poco di più dev’esserne costata a Nana, la tata San Bernardo del “Peter Pan” Disney, l’occuparsi dei suoi pupilli Wendy, Gianni e Michele. Due dilettanti confronto alla Pimpa, che ha divertito e aiutato a crescere decine di migliaia di bambini (compresi chissà quanti fra voi che ora mi leggete e l’avete trasmessa ai vostri pargoli), coinvolgendo anche uno stuolo di nonni, che pur non facendo parte del suo pubblico l’hanno incontrata nei primi consumi mediatici dei nipotini. Una legione di lettori radunata nei cinquant’anni che la Pimpa ha da poco compiuto dalla prima apparizione, nel 1975, sulle pagine del “Corriere dei Piccoli”. Il suo creatore, Francesco Tullio-Altan, è uno degli autori più eclettici del panorama fumettistico italiano, aggettivo che spesso si spende un po’a vanvera anche per chi ha fatto giusto due cose in croce, ma che diventa invece quasi riduttivo nello specifico di Altan. Perfino i non lettori di fumetti ne conoscono e riconoscono le vignette, pubblicate da quotidiani e settimanali a commento della scena politica e sufficienti a laurearlo come disegnatore satirico fra i più caustici e incisivi. Molti suoi personaggi sono divenuti maschere dell’immaginario collettivo, come la caricatura di Silvio Berlusconi nel ruolo del Cavalier Banana.
La Pimpa compie 50 anni
La Pimpa compie 50 anni

Nondimeno Altan è anche un autore di strisce umoristiche, a cominciare da Trino, la divinità approssimativa e impacciata con cui ha esordito su “Linus” nel 1974, nonché di romanzi grafici di fiction avventurosa (a proprio modo), come quelli della bella Ada o di Zago Oliva, senza trascurare le graphic novel – dalla vita di San Francesco al viaggio di Cristoforo Colombo – che reinterpretano la storia in una luce smitizzante e dissacrante di simili icone popolari. Il ritratto che se ne ricava è quello di un fumettista che si rivolge a un lettorato maturo, colto e aperto all’ironia, eppure a indicarci un altro Altan c’è la Pimpa. Fingiamo che non la conosciate, così che ve la possa presentare. Pimpa – anzi, la Pimpa, con l’articolo determinativo che ne riporta il nome a un lessico colloquiale familiare e infantile – è una cagnolina bianca a pois rossi dalla lingua perennemente penzolante, che si comporta come una bambina in età prescolare. Non nasce a tavolino come un prodotto concepito per un target, bensì come un disegno (i genitori che sanno disegnare possiedono un’arma segreta impagabile) tracciato da Altan per intrattenere durante un viaggio in treno la figlia Kika, che all’epoca aveva due anni. Correva il 1973 e quel disegno era il prologo d’una lunga e felice narrazione. La stragrande maggioranza d’aspiranti autrici e autori – lo dico con cognizione di causa e di bottega – immagina che scrivere per i più piccini sia facile. Assolutamente a torto, poiché se la cosiddetta “sospensione dell’incredulità” (in virtù della quale i grandi accettano ciò che gli racconti) in loro è relativa e disponibile, per contro sono estremamente esigenti e considerano plausibile l’improbabile a patto che si conformi a quanto già hanno deciso essere vero. La Pimpa e il suo genitore-autore lo sanno e la piena comprensione di questa mentalità è alla base del gradimento e dell’affetto che uno sterminato giardino d’infanzia ha loro concesso e continua a confermargli.
Una striscia
Una striscia
Le storie della Pimpa sono una scuola di psicologia dell’età evolutiva: che sia un cane è un dettaglio irrilevante per un pubblico che ancora non fa differenza fra la propria specie e le altre e dunque non ha difficoltà a immedesimarsi in lei. La Pimpa parla con i gatti, i pulcini e le farfalle – e finché si tratta di altre creature viventi lo si potrebbe considerare quasi normale – tuttavia lo fa anche con il frigorifero e con il sole o la frutta, che educatamente le rispondono. È la conferma della visione animistica dei piccoli, per i quali tutto ciò che esiste è a suo modo “un individuo”, per cui si preoccupano che a dar pugni sul tavolo si possa fargli male o che a inveire contro un elettrodomestico che non funziona “lui” si offenda. La Pimpa approfitta d’una barchetta in vena di navigare oppure di un aeroplanino servizievole per fare un salto in Africa a conoscere l’ippopotamo Bombo, o al Polo Sud dal pinguino Nino, tornando diligentemente a casa entro l’ora della merenda. Che c’è di strano? Per i bimbi è perfettamente normale, in virtù di quella convinzione d’onnipotenza che soltanto col crescere perderanno, scoprendo quante cose purtroppo non si possono fare. E poco importa se l’Armando, padrone-papà (in senso buono) sembra incredulo quando la sua bimba-Pimpa gli racconta le avventure della giornata. I giovanissimi lettori sanno che sono successe per davvero in un mondo che si sovrappone alle loro fantasie, che sono anche quelle di un grande fumettista per il quale l’appellativo “grande” va a riconoscerne il talento, ma nel contempo significa tanto profondamente adulto da essere capace di pensare da bambino. Un dono grazie al quale la Pimpa è migrata dal “Corriere dei Piccoli” a un mensile tutto suo, quindi in svariati libri e giochi, poi in una collana di guide turistiche a misura di bambino e ancora sul piccolo schermo, in quattro serie televisive d’animazione (finora), realizzate dal 1982 al 2015. Ma se non bastasse, dalla televisione è approdata al teatro. Già nel 1998 andava infatti in scena lo spettacolo-gioco “Pimpa Cappuccetto Rosso”, seguito nello stesso anno da “Pimpa, Kamillo e il libro magico” – dov’è affiancata dal camaleonte Kamillo Kromo, altro personaggio di Altan – e nel 2003 da “Pimpa sogni d’oro”, tutti prodotti dal genovese Teatro dell’Archivolto. Infine, quest’anno, “Pimpa – Il Musical a pois” le fa incontrare nientemeno che William Shakespeare, da cui lei e l’Armando imparano ad allestire una rappresentazione teatrale. Nel musical il suo personaggio è interpretato da un’attrice completa di pois rossi, ma niente travestimenti canini, perché ormai la Pimpa è la Pimpa e tanto basta. Al suo cinquantesimo compleanno le Poste Italiane hanno dedicato un francobollo come si usa per le personalità più eminenti e tutti la conoscono (adesso pure voi, nel raro caso che prima la ignoraste), però non tutti sanno che ha un fratello. É nato editorialmente nel suo stesso anno debuttando su “Linus”, edito da Rizzoli come il “Corrierino”, e non le assomiglia per niente: anziché i pois rossi ha una tuta blu e non è un cane, bensì un metalmeccanico.
Con Armando
Con Armando

Si chiama Gino Cipputi, operaio di quella che allora era la Fiat, oltreché filosofo moderno dal rapporto difficile con i macchinari che deve manovrare. Ciononostante apprezza il suo lavoro e lo svolge con cura artigianale, è il resto dell’universo che pare non stargli simpatico e così lo disseziona a colpi di sarcasmo, con un mezzo sorriso, senza scomporsi e senza pietà. Nella misura in cui la Pimpa è ottimista, positiva e non ha un solo nemico al mondo, Cipputi è un pacato catastrofista, che pur cercando di non darlo a vedere è perennemente arroccato in posizione di difesa. Sono le due facce della creatività di Altan, entrambe da conoscere, leggere e – parlando della Pimpa – magari rileggere, se ormai da un pezzo l’avevamo archiviata fra le memorie del bel tempo che fu. Cipputi ci permetterà di far nostra la sua inesauribile riserva di resistenza passiva e ostinata, mentre la Pimpa ci insegnerà a conversare – da pari e senza preconcetti – con il sole o con il frigorifero. Perché tornare bambini ogni tanto fa bene.
In bicicletta
In bicicletta