Curare l'ansia di tanti ragazzi: «No ai giudizi, meno cellulari»
Rovelli: però vietare lo smartphone a scuola è antieducativo. E l’artista Magaldi ne allestisce 130 al Teatro Gioia a simboleggiare la vanagloria

Patrizia Soffientini
|39 giorni fa

Una signora esce dall’incontro al Teatro Gioia dedicato ai giovani, al ritiro sociale, al loro panico, alla loro ansia. «Che bello questo dialogo, mi ha molto interessata». E’ confortante che un’ottantenne si interessi così genuinamente dei problemi degli adolescenti. Non tutto è perduto nella catena delle responsabilità. Ci si interroga se il disagio giovanile sia “Tutta colpa dei cellulari?”, ovviamente no «e vietarli a scuola è anti educativo per la generazione di chi vive on line, l’adulto non capisce» dice il cantautore e saggista Marco Rovelli.
«Però...in buona parte sì - almeno all’80 per cento» obietta l’architetto Franz Bergonzi. Ma sembra di capire che siano altrettanto pesanti i giudizi in cui i giovani sono costretti a specchiarsi e le performance a cui si sentono impegnati da un mondo che li spinge ad essere i primi e invece induce loro l’incubo del fallimento di fronte ad amici e genitori, il panico di disertare le attese.
Si alternano le voci di scrittori, insegnanti, psicologi a cominciare da Bergonzi che il panico lo ha attraversato e ci ha scritto un libro e con Alice Valeria Oliveri, Rovelli, Valeria Locati, moderati da Marcella Maresca. Inizia l’assessora Nicoletta Corvi a citare brani dal podcast sui ragazzi che si auto esiliano e sul progetto tutto piacentino “Exit - Push the botton!” che si propone di recuperarli. Alle spalle domina la straordinaria installazione dell’artista e musicista Max Magaldi. “Vainglory”: 130 smartphone disposti come ceri accesi di un ipotetico iper tecnologico altare, trasmettono storie in continuo. «Il device è l’oggetto tecnologico, ma significa anche vizio, qui rappresenta uno dei sette vizi capitali, la vanagloria, il vanto di sé» spiega Magaldi. Ed eccoci alle prese con l’adolescenza, fase di passaggio segnata - avverte la psicologa Locati - dal ritiro o dalla ribellione che mette il giovane a contatto con tutte le relazioni «mai in una logica di solitudine».
E’ nella relazione con altri che «diventiamo umani - raccoglie il filo Rovelli - la sofferenza non è mai individuale», siamo definiti dallo sguardo dell’altro in una società iperindividualista dove «l’adolescente non si sente all’altezza dell’imperativo sociale lo impegna ad essere performativo al massimo». Età di Narciso, ma a che costi. Oliveri, giornalista e scrittrice, traccia la linea degli adolescenti Anni ‘90 plasmati dalla Tv di Berlusconi («la Tv oggi ha perso tutto il suo potere sugli adolescenti») e attualmente da TikTok dove puoi diventare «creatore» e non solo spettatore («Ambra Angiolini sarebbe una TikToker»). «Che mattoni pensiamo di dare a questi adolescenti nell’età della costruzione di sé stessi?» lancia la domanda Bergonzi. Non sono forse gli adulti a creare app e strumenti orientati a indurre dipendenza e business? Non sono gli adulti ad aver inventato OnlyFans? «Dove mi espongo e e guadagno» e vi approdano anche bambini di 9-10 anni. Assolti in parte i genitori, sia da Locati, sia da Rovelli: «Vanno supportati, non incolpati». La loro prima responsabilità è non giudicare.