Sovranità digitale e rischi per la democrazia, la scelta di tecnologie europee
«Non lasciamo che siano le tech company americane a scrivere la nostra storia»
Leonardo Chiavarini
|40 giorni fa

Da sinistra Marietje Schaake, Lorenzo Marsili, Vincenzo Sofo e Chiara Piotto
Tecnologia e politica. Oggi, per uno Stato, perdere il controllo sulla tecnologia significa rinunciare a qualsiasi autonomia e finire per accettare una condizione subalterna, come vassallo di altri Paesi o, peggio, pedina nelle mani di colossi privati. Questo il cuore del dialogo andato in scena ieri pomeriggio nella sala dei Teatini. Con l’evento “Tecnodestre: potere e sovranità digitale negli Stati Uniti e in Europa”, il Festival del Pensare contemporaneo ha dedicato uno spazio di rilievo alla contingenza geopolitica e, in particolare, al rapporto tra potere e digitale. Ad aprire l’evento è stata una lectio magistralis dell’olandese Marietje Schaake, ex parlamentare europea e oggi ricercatrice presso il Cyber Policy Center di Stanford e presso l’Institute for Human Centered AI, nonché editorialista del Financial Times. Schaake ha parlato della necessità di vincolare il potere degli algoritmi alle regole della democrazia.
Il suo discorso è partito da un’istantanea recente: l’insediamento del presidente statunitense Donald Trump alla Casa Bianca. Attorno al tycoon, infatti, sono apparsi gli amministratori delegati delle cosiddette big tech, ovvero le più grandi multinazionali tecnologiche del mondo. La tecnologia, ormai diffusa come il pane nelle nostre vite, non è una materia inerte, ma una leva in grado di spostare equilibri, muovere interessi, indirizzare consensi. Insomma, le interazioni tra le attività di questi colossi digitali e la politica sono sempre più strette e si organizzano su più livelli. «In certi ambienti della Silicon valley – spiega Schaake – crescono nuove teorie antidemocratiche, intenzionate ad aggirare politiche umanitarie e fiscali».
Anche il Vecchio mondo non è esente dal problema e, anzi, rischia di pagarne il prezzo più alto, proprio in virtù della sua dipendenza tecnologica dalle big tech americane. Dopo la sua lectio, Schaake si è confrontata con Lorenzo Marsili, direttore del Berggruen Institute Europe, e con Vincenzo Sofo, politico del centrodestra (nella Lega, prima, e oggi in Fratelli d’Italia), europarlamentare tra il 2020 e il 2024 e autore del volume “Tecnodestra. L’europa politica nell’era Musk”. Dal dialogo, che non ha risparmiato l’alternarsi di visioni distanti, è emerso un importante punto comune: in un panorama di rischio per la democrazia, è proprio nel mondo tecnologico che si gioca una sfida irrinunciabile. Spetta quindi all’Ue svincolarsi dalle tecnologie extracontinentali e affidarsi sempre più a tecnologie europee. Da un pericolo, potrebbe nascere una risorsa nuova: l’espediente per l’attuazione di quell’unità più volte vagheggiata a parole, ma ancora oggi lontana dall’essere realizzata. « Dobbiamo essere sicuri di scrivere la nostra storia – conclude Schaake ai nostri microfoni – e non lasciare che siano le tech company americane a farlo per noi».