Festival: la giustizia riparativa dove entra la compassione
Il futuro di un modello che supera il concetto punitivo ed è spazio di incontro
Barbara Belzini
|40 giorni fa

Disa Jironet, Francesco Zaffarano e Marcello Bortolato
Tra i tanti temi messi sul piatto da questa edizione del Festival del Pensare Contemporaneo, il panel “Oltre la vendetta” si è concentrato sulla giustizia riparativa e sulla umanità delle istituzioni, un sorta di paradosso dipanato brillantemente da Marcello Bortolato, magistrato che ha partecipato alla riforma della giustizia del 2022 e da Disa Jironet, pubblico ministero olandese che come autrice indaga come i sistemi sociali e le istituzioni possano essere plasmati con compassione per servire meglio l’umanità.
« La giustizia punitiva tradizionale modella le sanzioni sulla persona e non sull’illecito, e ha una forte componente moralistica che contrasta con il concetto moderno di sanzione – ha esordito Bortolato – La vendetta ci accompagna da sempre, e nel tempo quella privata è stata sostituita da quella dello Stato. La riflessione che abbiamo fatto con questa riforma è stata quella di fornire una disciplina organica capace di superare la dimensione afflittiva e di cercare di curare il male senza infliggere altro male”»
La riforma Cartabia, la prima in Europa a istituzionalizzare questo percorso è uno strumento volontario, parallelo al processo giudiziario, che consente alla vittima una riparazione effettiva: « Non ha a che fare con il perdono, non è una prassi buonista – chiarisce il magistrato – È uno spazio di incontro dove è possibile chiedere perché, un momento di riconoscimento reciproco in cui la vittima e l’imputato si accordano su cosa fare per riparare il danno, dalle scuse alla lontananza all’impegno in un lavoro per la comunità. Ha un valore trasformativo che cambia i rapporti tra le persone coinvolte: intercetta il bisogno di giustizia della vittima, ed è la base per il suo riconoscimento. Non sostituisce la giustizia tradizionale e il processo continua: ma se si arriva a un accordo con assunzione di responsabilità e riconoscimento del dolore della vittima, può diventare un’attenuante e portare a una riduzione della pena. La legge non è ancora del tutto operativa, ma sarà il futuro della giustizia nel giro di trent’anni e per noi è una grande sfida».
Esperienze simili esistono nei percorsi di mediazione in Olanda, racconta Disa Jironet, che illustra esempi applicativi su diverse casistiche che hanno accompagnato positivamente adolescenti colpevoli anche di reati gravi e delinea la costruzione di «una giustizia del futuro dove può entrare la compassione, un sistema aperto dove incanalare il pensiero giuridico in un ambito diverso. Introdurre una pratica di mediazione ha implicazioni importanti anche per il potere dello Stato che passa da un modello verticale a uno orizzontale, e accetta soluzioni diverse per problemi simili».